LA PAROLA DI PAPA BENEDETTO
a cura di Gian Paolo Cassano
Continua la Catechesi sulla preghiera di papa Benedetto; mercoledì 7 dicembre, all’Udienza generale, ha presentato “un gioiello della preghiera di Gesù”, il cosiddetto “Inno di giubilo” di Cristo contenuto nei Vangeli, in cui il Signore benedice il Padre perché ha tenuto nascosto il suo messaggio ai sapienti e agli intelligenti e lo ha rivelato ai piccoli. Se “ogni conoscenza tra le persone … comporta un coinvolgimento, un qualche legame interiore tra chi conosce e chi è conosciuto, a livello più o meno profondo” in questo Inno “come in tutta la sua preghiera, Gesù mostra che la vera conoscenza di Dio presuppone la comunione con Lui”. Comprendiamo alloro come solo attraverso il Signore l’uomo possa “accedere a Dio” e sperimentare la gioia di sentirsi figlio e conoscere i suoi “misteri”, che Dio preferisce rivelare ai piccoli: “questa è la volontà del Padre, e il Figlio la condivide con gioia”.
Allora “cosa significa ‘essere piccoli’, semplici? (…) E’ la purezza del cuore quella che permette di riconoscere il volto di Dio in Gesù Cristo; è avere il cuore semplice come quello dei bambini, senza la presunzione di chi si chiude in se stesso, pensando di non avere bisogno di nessuno, neppure di Dio”.
Per questo “anche noi, con il dono del suo Spirito, possiamo rivolgerci a Dio, nella preghiera, con confidenza di figli, invocandolo con il nome di Padre, ‘Abbà’. Ma dobbiamo avere il cuore dei piccoli, dei ‘poveri in spirito’, per riconoscere che non siamo autosufficienti, che non possiamo costruire la nostra vita da soli, ma abbiamo bisogno di Dio, abbiamo bisogno di incontrarlo, di ascoltarlo, di parlargli.”
All’Angelus, nel giorno dell’Immacolata, il Papa si è soffermato sull’espressione ‘piena di grazia’ che “indica l’opera meravigliosa dell’amore di Dio, che ha voluto ridarci la vita e la libertà, perdute col peccato, mediante il suo Figlio Unigenito incarnato, morto e risorto. Per questo, fin dal II secolo in Oriente e in Occidente, la Chiesa invoca e celebra la Vergine che, col suo “sì’, ha avvicinato il Cielo alla terra”.
Il Pontefice ha citato espressioni di antichi autori (S. Sofronio, S. Beda), ricordando come non solo alla Vergine sia stata data la “perfezione della grazia” ma anche a noi che dobbiamo farla “risplendere nella nostra vita”, in quanto “predestinati da Dio a essere suoi “figli adottivi”. E’ una figliolanza che “riceviamo per mezzo della Chiesa, nel giorno del Battesimo. A tale proposito santa Hildegarda di Bingen scrive: ‘La Chiesa è, dunque, la vergine madre di tutti i cristiani. Nella forza segreta dello Spirito Santo li concepisce e li dà alla luce, offrendoli a Dio in modo che siano anche chiamati figli di Dio’”.
Domenica 11 dicembre, all’Angelus, nella Domenica detta “Gaudete”, Benedetto XVI, benedicendo i “Bambinelli” del Presepe (portati dai bambini di Roma), ha invitato a non lasciarsi distrarre dai messaggi commerciali di questo periodo, “ma sapendo dare il giusto valore alle cose, per fissare lo sguardo interiore a Cristo”.
Qui sta la vera gioia: nell’incontro con il Signore, non nella gioia effimera frutto del “divertirsi” inteso come “esulare dagli impegni della vita e dalle sue responsabilità”: “la vera gioia è legata a qualcosa di più profondo. Certo, nei ritmi quotidiani, spesso frenetici, è importante trovare spazi di tempo per il riposo, per la distensione, ma la gioia vera è legata al rapporto con Dio. Chi ha incontrato Cristo nella propria vita, sperimenta nel cuore una serenità e una gioia che nessuno e nessuna situazione possono togliere”. Se S. Agostino diceva che “il cuore dell’uomo è inquieto, non trova serenità e pace finché non riposa in Dio”, allora si comprende che “la vera gioia non è un semplice stato d’animo passeggero, né qualcosa che si raggiunge con i propri sforzi, ma è un dono, nasce dall’incontro con la persona viva di Gesù, dal fargli spazio in noi, dall’accogliere lo Spirito Santo che guida la nostra vita”.
Gian Paolo Cassano
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