LA PAROLA DI PAPA BENEDETTO
a cura di Gian Paolo Cassano
“Tutti i membri del Popolo di Dio sono chiamati a diventare santi” e, attraverso diverse vie, “la santità è l’originaria vocazione di ogni battezzato”: lo ha ribadito il Papa nella Solennità di Tutti i Santi, spiegando però che è “unico” il comune denominatore, “seguire Cristo e conformarsi a Lui, fine ultimo della nostra vicenda umana”.
Benedetto XVI ha poi invitato a guardare “nell’orizzonte della Chiesa celeste, cui la Solennità di tutti i Santi” ci proietta, ricordando “i nostri cari che ci hanno lasciato, e tutte le anime in cammino verso la pienezza della vita”. Infatti “fin dai primi tempi della fede cristiana, la Chiesa terrena, riconoscendo la comunione di tutto il corpo mistico di Gesù Cristo, ha coltivato con grande pietà la memoria dei defunti e ha offerto per loro suffragi”. E’ una preghiera che è “non solo utile ma necessaria, in quanto essa non solo li può aiutare, ma rende al contempo efficace la loro intercessione in nostro favore”.
Sulla preghiera per i defunti il Pontefice è tornato nell’udienza generale di mercoledì 2 novembre compiendo “un cammino segnato dalla speranza di eternità”. Il Papa ha fatto luce sulla realtà della morte, sul timore che essa suscita, sul vuoto che scava nel cuore e sulla pienezza della consolazione che viene da Dio: “soprattutto noi sentiamo che l’amore richiama e chiede eternità e non è possibile accettare che esso venga distrutto dalla morte in un solo momento”.
Egli ha colto l’attenzione in chi si preoccupa dei propri morti, con cura e con affetto come un modo di protezione “nella convinzione che essi non rimangano senza effetto sul giudizio. Questo lo possiamo cogliere nella maggior parte delle culture che caratterizzano la storia dell’uomo”.
Oggi, “almeno apparentemente” il mondo “è diventato molto più razionale”, per cui “si è diffusa la tendenza – ha osservato il Papa – a pensare che ogni realtà debba essere affrontata con i criteri della scienza sperimentale, e che anche alla grande questione della morte si debba rispondere non tanto con la fede, ma partendo da conoscenze sperimentabili, empiriche”. Ma così “si è finiti per cadere in forme di spiritismo, nel tentativo di avere un qualche contatto con il mondo al di là della morte, quasi immaginando che vi sia una realtà che, alla fine, sarebbe una copia di quella presente”.
La visita a un cimitero, invece, lo sguardo sulla foto di una persona amata mentre “si affollano i ricordi”, non risponde ad alcuna scienza. Le tombe aprono uno squarcio nell’anima ben oltre il razionale. Perché “davanti a questo mistero tutti, anche inconsciamente, cerchiamo qualcosa che ci inviti a sperare, un segnale che ci dia consolazione, che si apra qualche orizzonte, che offra ancora un futuro. La strada della morte, in realtà, è una via della speranza e percorrere i nostri cimiteri, come pure leggere le scritte sulle tombe è compiere un cammino segnato dalla speranza di eternità”. Così “nel recarci ai cimiteri a pregare con affetto e con amore per i nostri defunti, siamo invitati a rinnovare con coraggio e con forza la nostra fede nella vita eterna, anzi a vivere con questa grande speranza e testimoniarla al mondo … per costruirle un futuro, per darle una vera e sicura speranza”.
Domenica 6 novembre, all’Angelus, ha continuato a riflettere sulla vita eterna dove la fede “nella morte e risurrezione di Gesù Cristo segna anche in questo campo, uno spartiacque decisivo”. “Se togliamo Dio, se togliamo Cristo – ha ribadito – il mondo ripiomba nel vuoto e nel buio. E questo trova riscontro anche nelle espressioni del nichilismo contemporaneo, un nichilismo spesso inconsapevole che contagia purtroppo tanti giovani”. Allora “vera sapienza è approfittare della vita mortale per compiere opere di misericordia, perché, dopo la morte, ciò non sarà più possibile”: ciò avverrà sulla base dell’amore che “è dono di Cristo, effuso in noi dallo Spirito Santo. Chi crede in Dio-Amore porta in sé una speranza invincibile, come una lampada con cui attraversare la notte oltre la morte, e giungere alla grande festa della vita”.
Benedetto XVI ha infine rivolto il pensiero alla Nigeria, sconvolta da atti terroristici e alle popolazioni colpite dall’alluvione.
Gian Paolo Cassano
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