La parola di Papa Francesco

Com’è consuetudine durante l’estate, nel mese di luglio sono sospese tutte le udienze del Papa. Mi fermo allora alla visita di Francesco a Trieste domenica 7 luglio, per la conclusione della 50° Settimana nazionale dei cattolici italiani che qui si è tenuta (dal 3 al 7 luglio 2024) sul tema “Al cuore della democrazia. Partecipazione tra storia e futuro”. 

La settimana sociale era stata autorevolmente inaugurata dal presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, accolto con grande affetto dai 900 delegati arrivati da tutta Italia, espressione delle diocesi, dei movimenti ecclesiali, delle aggregazioni laicali, delle famiglie religiose e dell’esperienza delle Buone pratiche che si sono sviluppate nel solco del cammino sinodale della Chiesa fino a questo appuntamento nel capoluogo giuliano.

Egli ha lanciato un forte appello “a perseguire il bene non nell’interesse della maggioranza, ma di tutti e di ciascuno”. Prima di lui, il card. Matteo Zuppi, presidente della CEI, ripercorrendo il cammino delle Settimane sociali dal 1907 a Pistoia fino ad oggi, ha sottolineato l’importanza del contributo dei cattolici come costruttori di bene comune e della Chiesa alla polis, perché “non c’è democrazia senza un noi”.

Il Papa domenica 7 luglio 2024, alla S. Messa in piazza Unità d’Italia, ha ricordato come di fronte alle sfide sociali e politiche che ci interpellano ci sia bisogno dello scandalo della fede.

Francesco ha ricordato che “Dio si nasconde negli angoli scuri della vita e delle nostre città. L’infinito di Dio si cela nella miseria umana”; di qui l’appello ad impegnarsi insieme per una nuova civiltà di pace e fraternità.

Occorre una fede radicata nel Dio fatto uomo, che entra nella storia e risana i cuori spezzati, non una religiosità chiusa in sé stessa, che alza lo sguardo fino al cielo senza preoccuparsi di quanto succede sulla terra. “È una fede che sveglia le coscienze dal torpore, che mette il dito nelle piaghe della società, che suscita domande sul futuro dell’uomo e della storia; è una fede inquieta, che ci aiuta a vincere la mediocrità e l’accidia del cuore, che diventa una spina nella carne di una società spesso anestetizzata e stordita dal consumismo. É, soprattutto, una fede che spiazza i calcoli dell’egoismo umano, che denuncia il male, che punta il dito contro le ingiustizie, che disturba le trame di chi, all’ombra del potere, gioca sulla pelle dei deboli. Quanti usano la fede per sfruttare la gente? Quella non è fede.”  Il Papa ha messo in guardia dal consumismo, “quell’ansia di sprecare e avere di più,” che rischia di entrare nel nostro cuore, perché “è una piaga, un cancro che ammala il cuore“, rende egoista e fa guardare solo a sé stessi. 

Soffermandosi sulla liturgia domenicale ha esortato ciascuno ad imitare Gesù che “ha vissuto nella propria carne la profezia della ferialità, entrando nella vita e nelle storie quotidiane del popolo”. A Nazaret, tra i suoi compaesani, viene rifiutato, divenendo un motivo di scandalo che impedisce loro “di riconoscere la presenza di Dio in Gesù è il fatto che Egli è umano”, si è fatto debole “fino a venire nella carne e abbassarsi a lavare i piedi dei discepoli (…), che prende su di sé le nostre stanchezze, che si spezza come pane per noi. Un Dio forte e potente, che sta dalla mia parte e mi soddisfa in tutto è attraente; un Dio debole, che muore sulla croce per amore e chiede anche a me di vincere ogni egoismo e offrire la vita per la salvezza del mondo, è un Dio scomodo. “

Gesù è stato motivo di scandalo perché “è rimasto fedele alla sua missione, non si è nascosto dietro l’ambiguità, non è sceso a patti con le logiche del potere politico e religioso. Della sua vita ha fatto un’offerta d’amore al Padre”.

Diventa così un esempio per ogni cristiano, chiamato a testimoniare il Regno di Dio in ogni luogo di vita, anche in quelli oscuri, come quelli descritti dal triestino Umberto Saba nella poesia “Città vecchia”, “Dio si nasconde negli angoli scuri della vita e delle nostre città, la sua presenza si svela proprio nei volti scavati dalla sofferenza e laddove sembra trionfare il degrado. L’infinito di Dio si cela nella miseria umana, il Signore si agita e si rende presenza amica proprio nella carne ferita degli ultimi, dei dimenticati e degli scartati.”

E’ qui che si manifesta il Signore; per questo il Pontefice ha chiesto di non restare “apatici e indifferenti alle ingiustizie del mondo”, prendendosi a cuore quelle situazioni che anche da Trieste si levano come un grido di angoscia. “Gesù ha vissuto nella propria carne la profezia della ferialità, entrando nella vita e nelle storie quotidiane del popolo, manifestando la compassione dentro le vicende, e ha manifestato l’essere Dio, che è compassionevole. E per questo, qualcuno si è scandalizzato di Lui, è diventato un ostacolo, è stato rifiutato fino ad essere processato e condannato; eppure, Egli è rimasto fedele alla sua missione, non si è nascosto dietro l’ambiguità, non è sceso a patti con le logiche del potere politico e religioso.” Così anche noi “siamo chiamati a essere profeti, testimoni del Regno di Dio, in tutte le situazioni che viviamo, in ogni luogo che abitiamo.”

Da Trieste, “affacciata sull’Europa, crocevia di popoli e culture, terra di frontiera”, ha così esortato ad alimentare “il sogno di una nuova civiltà fondata sulla pace e sulla fraternità”, portando “la profezia del Vangelo nella nostra carne, con le nostre scelte prima ancora che con le parole”, in una coerenza fra le scelte e le parole. (…) Impegniamoci insieme: perché riscoprendoci amati dal Padre possiamo vivere come fratelli tutti. Tutti fratelli, con quel sorriso dell’accoglienza e della pace dell’anima.”

Chiediamoci:

  • Mi impegno a perseguire il bene di tutti e di ciascuno?
  • Vivo una fede non chiusa in sé stessa ma che entra nella storia e risana i cuori spezzati?
  • Il consumismo, quell’ansia di sprecare e avere di più, è entrato nel mio cuore?
  • Riconosco la presenza di Dio in Gesù che si è fatto debole fino a venire nella carne?
  • Prendo esempio da Gesù per testimoniare il Regno di Dio in ogni luogo di vita, anche in quelli oscuri?
  • Perché dinanzi al male che dilaga, alla vita che viene umiliata, alle problematiche del lavoro, alle sofferenze dei migranti, non ci scandalizziamo?
  • Perché non contempliamo le miserie, il dolore, lo scarto di tanta gente nella città?
  • Abbiamo paura, abbiamo paura di trovare Cristo, lì?
  • Alimento il sogno di una nuova civiltà fondata sulla pace e sulla fraternità, con la profezia del Vangelo, con le scelte prima ancora che con le parole?