Domenica 28 febbraio, all’Angelus, Francesco, rileggendo il vangelo della trasfigurazione del Signore, ha invitato a prendere coscienza della missione del cristiano di portare amore e speranza nel mondo. Con la sua trasfigurazione sul monte davanti a Pietro, Giacomo e Giovanni, Gesù ci guida nel cuore dei discepoli, nell’angoscia della rivelazione del maestro che anticipa la sua morte, nel sogno di un “Messia forte e trionfante” che invece viene infranto. Qui il Signore si trasfigura: “il suo volto raggiante e le sue vesti splendenti, che anticipano l’immagine da Risorto, offrono a quegli uomini impauriti la luce, la luce della speranza, la luce per attraversare le tenebre: la morte non sarà la fine di tutto, perché si aprirà alla gloria della Risurrezione.”
Lo stare sul monte con Gesù è un “anticipo” di luce nel cuore della Quaresima: “è un invito a ricordarci, specialmente quando attraversiamo una prova difficile, che il Signore è Risorto e non permette al buio di avere l’ultima parola”. Ci sono, infatti, momenti della vita in cui sembra non esserci una via d’uscita, disorientati davanti “ai grandi enigmi”, come “la malattia, il dolore innocente o il mistero della morte”. Anche nella fede si inciampa, “incontrando lo scandalo della croce e le esigenze del Vangelo, che ci chiede di spendere la vita nel servizio e di perderla nell’amore, invece di conservarla e difenderla”. E’ il momento per fermarsi: c’è bisogno “di un altro sguardo, di una luce che illumini in profondità il mistero della vita e ci aiuti ad andare oltre i nostri schemi e oltre i criteri di questo mondo. Anche noi siamo chiamati a salire sul monte, a contemplare la bellezza del Risorto che accende barlumi di luce in ogni frammento della nostra vita e ci aiuta a interpretare la storia a partire dalla vittoria pasquale.” Nella bellezza di stare nella “beatitudine” dell’incontro con Gesù occorre guardarsi, però, “dalla pigrizia spirituale: stiamo bene noi, con le nostre preghiere e liturgie, e ci basta questo. No! Salire sul monte non è dimenticare la realtà; pregare non è mai evadere dalle fatiche della vita; la luce della fede non serve per una bella emozione spirituale”. In quella discesa si apre una nuova realtà: “siamo chiamati a fare esperienza dell’incontro con Cristo perché, illuminati della sua luce, possiamo portarla e farla risplendere ovunque. Accendere piccole luci nei cuori delle persone; essere piccole lampade di Vangelo che portano un po’ d’amore e di speranza: questa è la missione del cristiano.”
Al termine, il Papa ha proposto uno speciale digiuno: “digiunare dai pettegolezzi e dalle maldicenze: è un modo speciale. In questa Quaresima non sparlerò degli altri, non andrò dalle chiacchiere, e questo possiamo farlo tutti, tutti. E’ un bel digiuno, questo … E non dimenticate che sarà utile pure ogni giorno leggere un brano del Vangelo, portare il Vangelo piccolo in tasca, nella borsa, e prenderlo quando si può, qualsiasi brano. Questo fa aprire il cuore al Signore.”
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