All’Udienza generale di mercoledì 27 gennaio il Papa ha parlato della S. Scrittura come di un tesoro inesauribile, scritta “per uomini e donne che hanno nome e cognome”. Continuando la catechesi sulla preghiera ha spiegato quella che si può fare partendo da un brano della Bibbia.
Infatti, possiamo dire che “quel versetto della Bibbia è stato scritto anche per me, secoli e secoli fa, per portarmi una parola di Dio. E’ stato scritto per ognuno di noi. A tutti i credenti capita questa esperienza: un passo della Scrittura, ascoltato già tante volte, un giorno improvvisamente mi parla e illumina una situazione che sto vivendo. Ma bisogna che io, quel giorno, sia lì, all’appuntamento con quella Parola.” Dio passa ogni giorno e getta sul nostro terreno un seme; perché germogli dipende da noi, dal nostro cuore e dalla nostra disponibilità. Diceva S. Agostino: “ho timore del Signore quando passa”, perché il timore è non accorgersi di Dio. Ora, “siamo noi i ‘tabernacoli’ dove le parole di Dio vogliono essere ospitate e custodite, per poter visitare il mondo”; ma non bisogna strumentalizzare la Bibbia, usandola per confermare “la propria visione filosofica e morale”, ma sperando “in un incontro”. Da parte nostra occorre leggere le Scritture “perché esse leggano noi,” sapendo che “è una grazia potersi riconoscere in questo o quel personaggio, in questa o quella situazione. La Bibbia non è scritta per un’umanità generica, ma per noi, per me, per te, per uomini e donne in carne e ossa, ma uomini e donne che hanno nome e cognome, come io, come te. E la Parola di Dio, impregnata di Spirito Santo, quando è accolta con un cuore aperto, non lascia le cose come prima: mai. Cambia qualcosa. E questa è la grazia e la forza della Parola di Dio.” Il Papa è passato poi a descrivere la lectio divina che consiste nella lettura di un brano della Bibbia, fatta con attenzione, con “obbedienza al testo”, per comprendere il suo significato. I successivi passaggi sono la meditazione e la contemplazione. Le parole e i pensieri “lasciano il posto all’amore, come tra innamorati ai quali a volte basta guardarsi in silenzio”. Così “attraverso la preghiera, la Parola di Dio viene ad abitare in noi e noi abitiamo in essa. La Parola ispira buoni propositi e sostiene l’azione; ci dà forza, ci dà serenità, e anche quando ci mette in crisi ci dà pace. Nelle giornate ‘storte’ e confuse, assicura al cuore un nucleo di fiducia e di amore che lo protegge dagli attacchi del maligno. Così la Parola di Dio si fa carne, (…) in coloro che la accolgono nella preghiera.” Quanto conta la Parola nella vita cristiana ! “In qualche testo antico affiora l’intuizione che i cristiani si identificano talmente con la Parola che, se anche bruciassero tutte le Bibbie del mondo, se ne potrebbe ancora salvare il ‘calco’ attraverso l’impronta che ha lasciato nella vita dei santi.” Obbedienza e creatività, di questo è fatta la vita del cristiano e le Sacre Scritture “sono un tesoro inesauribile. Il Signore ci conceda di attingervi sempre più, mediante la preghiera”.
Al termine il Papa ha dedicato un pensiero e un appello alla celebrazione del Giorno della Memoria. “Ricordare anche è stare attenti perché queste cose possono succedere un’altra volta, incominciando da proposte ideologiche che vogliono salvare un popolo e finiscono per distruggere un popolo e l’umanità. State attenti a come è incominciata questa strada di morte, di sterminio, di brutalità.”
Domenica 31 gennaio, all’Angelus, commentando il vangelo domenicale ha esortato ad ascoltare “la parola autorevole di Gesù”, portando sempre “in tasca o nella borsa un piccolo Vangelo, per leggerlo durante la giornata” e chiedendo a Gesù la guarigione dei nostri peccati, mali e malattie spirituali. E’ il primo dei sette miracoli di Gesù compiuti di sabato, “giorno dedicato al riposo e alla preghiera;” ha poi sottolineato come la predicazione e l’opera taumaturgica siano “i due elementi caratteristici dell’azione di Gesù” che l’evangelista Marco presenta come “conferma dell’autorità di Gesù e del suo insegnamento”. Infatti “egli predica con autorità propria, come chi possiede una dottrina che trae da sé, e non come gli scribi che ripetevano tradizioni precedenti e leggi tramandate”. Essi “ripetevano parole, parole, parole, soltanto parole” (come cantava Mina), mentre “in Gesù, la parola ha autorità, Gesù è autorevole. E questo tocca il cuore.” L’insegnamento di Gesù “ha la stessa autorità di Dio che parla”; libera dal maligno perché “la sua parola opera ciò che dice, perché Egli è il profeta definitivo”. La guarigione dell’indemoniato “mostra che la predicazione di Cristo è rivolta a sconfiggere il male presente nell’uomo e nel mondo” e la predicazione di Gesù ha “una logica opposta a quella del mondo e del maligno: le sue parole si rivelano come lo sconvolgimento di un ordine sbagliato di cose”. Gesù è il profeta che libera, che attira la gente con la sua autorevolezza, “il profeta promesso che è il Figlio di Dio che guarisce”. Di qui l’invito ad ascoltare “le parole di Gesù che sono autorevoli sempre”, portando “in tasca o nella borsa un piccolo Vangelo, per leggerlo durante la giornata, per ascoltare quella parola autorevole di Gesù” e “chiedere a Gesù la guarigione, dei nostri peccati, dei nostri mali.”
Al termine ha annunziato la celebrazione (la quarta domenica di luglio in prossimità della festa dei Santi Gioacchino ed Anna, i nonni di Gesù) della Giornata mondiale dei nonni e degli anziani, per celebrare il dono della vecchiaia e di ricordare coloro che, prima di noi e per noi, custodiscono e tramandano la vita e la fede.
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