L’ultimo rapporto della campagna Abiti Puliti, dal titolo “Stipendi negati” (ripresa da Vatican news) pone in evidenza come in Asia, gli stipendi, già molto bassi, siano calati tra il 38 e il 50%. durante i mesi del lockdown in seguito alla pandemia di Covid. Per questo “è indispensabile – afferma Deborah Lucchetti, portavoce della Campagna – che le aziende si prendano le loro responsabilità e garantiscano i diritti dei lavoratori”.
Una parte sostanziale del giro d’affari è legata alla produzione di abbigliamento per l’esportazione, che secondo stime, rappresenta una forza lavoro di 13,8 milioni (se si esclude la Cina a causa di un maggiore sostegno governativo). La Campagna sottolinea che “i marchi e i rivenditori globali hanno la responsabilità di garantire che i lavoratori impiegati nelle proprie catene di fornitura siano pagati in conformità con le leggi locali e gli standard internazionali. I brand scelgono di localizzare le proprie produzioni in paesi con bassi salari e deboli protezioni sociali. Come sostengono da tempo i lavoratori, i sindacati e i gruppi della società civile, le filiere globali sono caratterizzate da un evidente squilibrio di potere tra, da un lato, marchi e distributori al vertice delle catene di approvvigionamento e, dall’altro, lavoratori impiegati nelle fabbriche”.
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