Nell’Udienza generale di mercoledì 18 marzo, trasmessa in streaming e in diretta televisiva, il Pontefice ha riflettuto sulla Beatitudine della misericordia (“Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia” – Mt 5,7) perché “ognuno deve ricordare di avere bisogno di perdono e di pazienza; questo è il segreto della misericordia: perdonando si è perdonati”. Infatti “coloro che esercitano la misericordia troveranno misericordia, saranno misericordiati”. E’ la miseria e la carenza di giustizia ad essere “occasione per aprirsi al regno dei cieli, a una misura più grande, la misura di Dio, che è misericordia”. Questa “non è una dimensione fra le altre, ma è il centro della vita cristiana: non c’è cristianesimo senza misericordia. Se tutto il nostro cristianesimo non ci porta alla misericordia, abbiamo sbagliato strada, perché la misericordia è l’unica vera meta di ogni cammino spirituale. Essa è uno dei frutti più belli della carità.” E’ un tema caro a papa Francesco, fin dal suo primo Angelus, “un messaggio che dev’essere di tutti i giorni: la misericordia. (…). E quel giorno ho sentito tanto forte che questo è il messaggio che devo dare, come Vescovo di Roma: misericordia, misericordia, per favore, perdono.” La misericordia è la nostra felicità: “noi viviamo di misericordia e non ci possiamo permettere di stare senza misericordia: è l’aria da respirare. Siamo troppo poveri per porre le condizioni, abbiamo bisogno di perdonare, perché abbiamo bisogno di essere perdonati”.
Ora la reciprocità del perdono è un tema ricorrente, non solo nella quinta Beatitudine, perché “la misericordia è il cuore stesso di Dio”. Il Papa ha invitato a non separare “il perdono dato e il perdono ricevuto”, pur comprendendo le difficoltà a volte di riuscire a perdonare. “Questo fatto della reciprocità della misericordia indica che abbiamo bisogno di rovesciare la prospettiva. Da soli non possiamo, ci vuole la grazia di Dio, dobbiamo chiederla. Infatti, se la quinta beatitudine promette di trovare misericordia e nel Padre Nostro chiediamo la remissione dei debiti, vuol dire che noi siamo essenzialmente dei debitori e abbiamo necessità di trovare misericordia!” La necessità di trovare misericordia non si deve disgiungere dalla capacità di perdonare: “tutti siamo debitori. Tutti. Verso Dio, che è tanto generoso, e verso i fratelli. Ogni persona sa di non essere il padre o la madre che dovrebbe essere, lo sposo o la sposa, il fratello o la sorella che dovrebbe essere. Tutti siamo ‘in deficit’, nella vita. E abbiamo bisogno di misericordia. (…). Ma proprio questa nostra povertà diventa la forza per perdonare! Siamo debitori e se, come abbiamo ascoltato all’inizio, saremo misurati con la misura con cui misuriamo gli altri (cfr Lc 6,38), allora ci conviene allargare la misura e rimettere i debiti, perdonare. Ognuno deve ricordare di avere bisogno di perdonare, di avere bisogno del perdono, di avere bisogno della pazienza; questo è il segreto della misericordia: perdonando si è perdonati.”
Domenica 22 marzo, all’Angelus dalla Biblioteca del Palazzo Apostolico, in diretta streaming per ottemperare alle norme imposte dall’emergenza sanitaria, Francesco ha riflettuto sul tema della luce ripercorrendo il brano giovanneo del cieco nato, che torna a vedere grazie a Gesù, “Luce del mondo”. Questa nuova vista, questa “illuminazione”, non è solo fisica, ma è anche spirituale e conduce alla fede nel Figlio dell’uomo, attraverso un cammino di trasformazione interiore. Così, rinnovato dalla fede, il cieco nato riesce a spiazzare i farisei, increduli di fronte al miracolo, mentre scopre e intuisce la vera identità del Messia. “Che possiamo anche noi fare questa esperienza! Con la luce della fede colui che era cieco scopre la sua nuova identità. Egli ormai è una ‘nuova creatura’, in grado di vedere in una nuova luce la sua vita e il mondo che lo circonda, perché è entrato in comunione con Cristo, è entrato in un’altra dimensione. Non è più un mendicante emarginato dalla comunità; non è più schiavo della cecità e del pregiudizio. Il suo cammino di illuminazione è metafora del percorso di liberazione dal peccato a cui siamo chiamati.” E’ il senso profondo del tempo quaresimale che, anche nell’isolamento forzato, ci conduce a riscoprire e sperimentare la misericordia del Padre, il cui perdono toglie la “coltre di ombra e di tenebra” del peccato che “ci impedisce di vedere chiaramente noi stessi e il mondo”, ridonandoci nuova luce.
Occorre imitare l’uomo cieco, che ormai vede sia con gli occhi del corpo che con quelli dell’anima, per illuminare e brillare riflettendo la luce di Cristo, come nell’antico mistero della luna che si rende visibile in cielo perché riflette la luce del sole, raccontato dai primi cristiani. “Ma non basta ricevere la luce, occorre diventare luce. Ognuno di noi è chiamato ad accogliere la luce divina per manifestarla con tutta la propria vita” come ricorda l’apostolo Paolo a comportarsi “come figli della luce. (…) Il seme di vita nuova posto in noi nel Battesimo è come scintilla di un fuoco, che purifica prima di tutto noi, bruciando il male che abbiamo nel cuore, e ci permette di brillare e illuminare.”
Il Papa, poi, esprimendo vicinanza a tutti, dai malati di covid 19 a coloro che si prodigano nel servizio, ha invitato “tutti i Capi delle Chiese e i leader di tutte le Comunità cristiane, insieme a tutti i cristiani delle varie confessioni, a invocare l’Altissimo, Dio onnipotente, recitando contemporaneamente” il Padre Nostro, mercoledì prossimo 25 marzo a mezzogiorno, nel giorno in cui molti cristiani ricordano l’annuncio alla Vergine Maria dell’Incarnazione del Verbo. “Possa il Signore ascoltare la preghiera unanime di tutti i suoi discepoli che si preparano a celebrare la vittoria di Cristo Risorto”. Con questa stessa intenzione, il Papa annuncia di voler presiedere un momento di preghiera sul Sagrato della Basilica di San Pietro, con la Piazza vuota, venerdì prossimo alle ore 18. Un momento a cui invita tutti a partecipare spiritualmente attraverso i mezzi di comunicazione: ”ascolteremo la Parola di Dio, eleveremo la nostra supplica, adoreremo il Santissimo Sacramento, con il quale al termine darò la Benedizione Urbi et Orbi, a cui sarà annessa la possibilità di ricevere l’indulgenza plenaria. Alla pandemia del virus vogliamo rispondere con l’universalità della preghiera, della compassione, della tenerezza. Rimaniamo uniti. Facciamo sentire la nostra vicinanza alle persone più sole e più provate.”
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