L’udienza generale del Papa di mercoledì 8 marzo trasmessa Dalla Biblioteca Apostolica in streaming per evitare la diffusione del Coronavirus, è stata dedicata alla quarta Beatitudine: “Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia perché saranno saziati”. La fame e la sete sono “bisogni primari”, che “riguardano la sopravvivenza”: sono “un’esigenza vitale”, quotidiana, “come è il nutrimento”. La fame e la sete di giustizia di cui parla il Gesù, tuttavia, “è ancora più profonda del legittimo bisogno di giustizia umana che ogni uomo porta nel suo cuore”, è quella di una giustizia che viene da Dio “più grande del diritto umano o della perfezione personale”. E’ “una sete più profonda di quella fisica, che è un desiderio posto alla radice del nostro essere” (come testimonia la Bibbia), che è “un desiderio posto alla radice del nostro essere”, quell’inquietudine “che abita nel cuore dell’uomo”. Sant’Agostino dice: «Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore non trova pace finché non riposa in te». E’ l’anelito verso la luce, che si trova anche nel cuore di chi è più lontano dal bene “è la sete di Dio” che lo Spirito Santo suscita: “è Lui l’acqua viva che ha plasmato la nostra polvere, è Lui il soffio creatore che le ha dato vita.” Per questo, la Chiesa è mandata ad annunciare a tutti la Parola di Dio: “il Vangelo di Gesù Cristo è la più grande giustizia che si possa offrire al cuore dell’umanità, che ne ha un bisogno vitale, anche se non se ne rende conto.” Ognuno è chiamata a riscoprire cosa conta veramente, di cosa ha veramente bisogno, cosa fa vivere bene e, nello stesso tempo, cosa sia secondario, e di cosa si possa tranquillamente fare a meno. “Gesù annuncia in questa beatitudine – fame e sete di giustizia – che c’è una sete che non sarà delusa; una sete che, se assecondata, sarà saziata e andrà sempre a buon fine, perché corrisponde al cuore stesso di Dio, al suo Santo Spirito che è amore, e anche al seme che lo Spirito Santo ha seminato nei nostri cuori. Che il Signore ci dia questa grazia: di avere questa sete di giustizia che è proprio la voglia di trovarlo, di vedere Dio e di fare il bene agli altri.” Così ogni persona è chiamata “a riscoprire cosa conta veramente, di cosa ha veramente bisogno, cosa fa vivere bene e, nello stesso tempo, cosa sia secondario, e di cosa si possa tranquillamente fare a meno.”
Sempre in streaming a causa della pandemia anche l’Angelus di domenica 15 marzo. Il Pontefice ha rivolto il pensiero alla Chiesa della Lombardia, regione particolarmente colpita dal virus. Soffermandosi poi sul Vangelo della Samaritana ha colto il doppio significato dell’acqua come elemento che sostiene la vita e come mistero. Infatti “se la nostra ricerca e la nostra sete trovano in Cristo pieno appagamento, manifesteremo che la salvezza non sta nelle ‘cose’ di questo mondo, ma in Colui che ci ha amati e sempre ci ama: Gesù nostro Salvatore.” Nella tradizione biblica, Dio è la fonte dell’acqua viva e allontanarsi da Lui comporta la peggiore siccità. È quanto accade al popolo di Israele guidato nel deserto da Mosè che nel deserto, “arso dalla sete, protesta contro Mosè e contro Dio perché non c’è acqua. Allora, per volere di Dio, Mosè fa scaturire l’acqua da una roccia, come segno della provvidenza di Dio che accompagna il suo popolo e gli dà vita.” In quella roccia da cui zampilla l’acqua, San Paolo vede Cristo, “sorgente da cui scaturisce lo Spirito Santo”, interpretando “quella roccia come simbolo di Cristo, anzi, come misteriosa figura della sua presenza in mezzo al popolo di Dio in cammino (cfr. 1Cor 10,4). Cristo infatti è il Tempio dal quale, secondo la visione dei profeti, sgorga lo Spirito Santo, che purifica e dà vita. Chi ha sete di salvezza può attingere gratuitamente da Gesù, e lo Spirito diventerà in lui o in lei una sorgente di vita piena ed eterna. La promessa dell’acqua viva che Gesù ha fatto alla Samaritana è divenuta realtà nella sua Pasqua. (…) Cristo, Agnello immolato e risorto, è la sorgente da cui scaturisce lo Spirito Santo, che rimette i peccati e rigenera a vita nuova.” All’incontro con Cristo, non può seguire il silenzio, perché “come la Samaritana, chiunque incontra personalmente Gesù vivo sente il bisogno di raccontarlo agli altri, così che tutti arrivino a confessare che Gesù «è veramente il salvatore del mondo» (Gv 4,42), come dissero poi i compaesani di quella donna. Anche noi, generati a vita nuova mediante il Battesimo, siamo chiamati a testimoniare la vita e la speranza che sono in noi. Se la nostra ricerca e la nostra sete trovano in Cristo pieno appagamento, manifesteremo che la salvezza non sta nelle ‘cose’ di questo mondo, che alla fine producono siccità ma in Colui che ci ha amati e sempre ci ama: Gesù nostro Salvatore, nell’acqua viva che Lui ci offre.”
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