I grandi media (tranne forse solo Avvenire che ne ha parlato in prima pagina domenica 7 luglio e Vatican news….) hanno taciuto, eppure si tratta di un fatto importante e significativo. Parlo dell’Accordo di libero scambio che è stato approvato da 54 Paesi su 55 nel vertice straordinario dell’Unione Africana (Ua) che si è tenuto domenica 7 luglio. Solo l’Eritrea rimane fuori, anche se sembra che l’avvio del processo di pace con l’Etiopia stia spingendo Asmara a chiedere di aderire.
Nasce un mercato da un miliardo di persone, per cui un Continente si unisce per lo sviluppo e per fermare l’«invasione» dall’estero di prodotti che vendono da lontano e che finora per un quel groviglio di regole commerciali e tariffe doganali ha reso il mercato intra-africano estremamente costoso.
E’ l’AfCFTA, il trattato che mira a creare una zona priva di tariffe doganali per prodotti e servizi analoga a quella dell’Unione Europea.
“Non è il primo tentativo – ricorda a Vatican news p. Giulio Albanese – prima c’era stato per esempio il Comesa (il Mercato comune dell’Africa orientale e meridionale, ndr), ma si tratta certamente di un passo significativo. Rimangono però dei problemi strutturali, per cui il rischio è che si tratti di un’iniziativa lodevole che poi alla prova dei fatti risolve poco”.
Ci sono ancora diverse difficoltà, innanzitutto “la questione della crescita del Pil, finora legata fondamentalmente al terziario e alla vendita, o forse sarebbe meglio dire svendita,– di materie prime, risorse minerarie ed energetiche, in primis il petrolio. C’è poi la questione del debito – prosegue padre Albanese – che continua ad aumentare in tutto il continente. (…). È un fenomeno preoccupante perché di fatto il debito è stato finanziarizzato, questo significa che il pagamento degli interessi è legato alle speculazioni di borsa, un sistema che mette in grande difficoltà i Paesi africani”.
C’è poi “un terzo aspetto che riguarda i grandi trattati internazionali come gli Epa (Economic Partnership Agreeement) che l’Europa ha imposto ai Paesi con cui in questi anni ha intrattenuto reflazioni di cooperazione per lo sviluppo – afferma padre Albanese – sono accordi che stanno penalizzando moltissimo i Paesi del Sud del mondo, in particolare quelli africani perché le loro economie non sono in grado di reggere la competizione con i Paesi industrializzati europei”.
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