L’udienza generale di mercoledì 12 giugno è stata dedicata all’importanza del discernimento comunitario, proseguendo il percorso di catechesi sul “viaggio” del Vangelo narrato dal libro degli Atti degli Apostoli, come cioè il Vangelo sia “andato oltre”, a partire dalla Risurrezione di Cristo, che è “la fonte della vita nuova.”
Dopo la Passione, gli Apostoli non sono più dodici, numero emblematico per Israele, perché rappresenta le dodici tribù, e per la Chiesa, ma undici. Non c’è più Giuda, che “aveva iniziato già prima a separarsi dalla comunione con il Signore e con gli altri, a fare da solo, a isolarsi, ad attaccarsi al denaro fino a strumentalizzare i poveri, a perdere di vista l’orizzonte della gratuità e del dono di sé, fino a permettere al virus dell’orgoglio di infettargli la mente e il cuore trasformandolo da «amico» in nemico e in ‘guida di quelli che arrestarono Gesù’. Giuda aveva ricevuto la grande grazia di far parte del gruppo degli intimi di Gesù e di partecipare al suo stesso ministero, ma ad un certo punto ha preteso di ‘salvare’ da sé la propria vita con il risultato di perderla.” Ha smesso di “appartenere col cuore a Gesù”, ponendosi così al di fuori della comunione con Lui e con i suoi. Se Giuda, preferendo la morte alla vita e ha seguito l’esempio “degli empi la cui via è come l’oscurità e va in rovina”, gli ‘Undici’ scelgono invece “la vita, la benedizione”, diventando responsabili nel farla “fluire a loro volta nella storia, di generazione in generazione, dal popolo d’Israele alla Chiesa”. Se l’abbandono di uno dei Dodici ha creato una “ferita al corpo comunitario” diviene “necessario” che il suo incarico passi a un altro che sia “stato un discepolo di Gesù dall’inizio. (…) Si inaugura a questo punto la prassi del discernimento comunitario, che consiste nel vedere la realtà con gli occhi di Dio, nell’ottica dell’unità e della comunione.” Dopo che, attraverso “la sorte” il Signore ha indicato Mattia, associato agli Undici, “si ricostituisce così il corpo dei Dodici, segno della comunione, e la comunione vince sulle divisioni, sull’isolamento, sulla mentalità che assolutizza lo spazio del privato, segno che la comunione è la prima testimonianza che gli Apostoli offrono.” Così i Dodici manifestano negli Atti degli Apostoli lo stile del Signore, facendo “emergere un Altro che ormai vive in un modo nuovo in mezzo al suo popolo, (…) il Signore Gesù.” Scelgono di vivere “sotto la signoria del Risorto nell’unità tra i fratelli”, che diventa l’unica atmosfera possibile dell’“autentico dono di sé”. Si mostra così “come nel Dna della comunità cristiana ci siano l’unità e la libertà da sé stessi, che permettono di non temere la diversità, di non attaccarsi alle cose e ai doni e di diventare martyres, cioè testimoni luminosi del Dio vivo e operante nella storia.”
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