Dopo la pausa di luglio, all’udienza generale di mercoledì 1 agosto, Francesco ha riflettuto sull’idolatria, tema di grande portata e attualità, perché “il mondo offre il ‘supermarket’ degli idoli, che possono essere oggetti, immagini, idee, ruoli”. Infatti l’idolo è “una proiezione di sé stessi negli oggetti o nei progetti. Di questa dinamica si serve, ad esempio, la pubblicità: non vedo l’oggetto in sé ma percepisco quell’automobile, quello smartphone, quel ruolo – o altre cose – come un mezzo per realizzarmi e rispondere ai miei bisogni essenziali. E lo cerco, parlo di quello, penso a quello; l’idea di possedere quell’oggetto o realizzare quel progetto, raggiungere quella posizione, sembra una via meravigliosa per la felicità, una torre per raggiungere il cielo (cfr Gen 11,1-9), e tutto diventa funzionale a quella meta.” Dopo questa fase di sviluppo di un’idolatria, c’è una seconda distruttiva, dove gli idoli esigono un culto e ad essi ci si prostra e si sacrifica tutto. “In antichità si facevano sacrifici umani agli idoli, ma anche oggi: per la carriera si sacrificano i figli, trascurandoli o semplicemente non generandoli; la bellezza chiede sacrifici umani. Quante ore davanti allo specchio! Certe persone, certe donne quanto spendono per truccarsi?! Anche questa è un’idolatria. Non è cattivo truccarsi; ma in modo normale, non per diventare una dea. La bellezza chiede sacrifici umani. La fama chiede l’immolazione di sé stessi, della propria innocenza e autenticità.” Gli idoli “chiedono sangue” perché “il denaro ruba la vita e il piacere porta alla solitudine. Le strutture economiche sacrificano vite umane per utili maggiori. Pensiamo a tanta gente senza lavoro.” Ecco “l’idolo dei soldi. Si vive nell’ipocrisia, facendo e dicendo quel che gli altri si aspettano, perché il dio della propria affermazione lo impone. E si rovinano vite, si distruggono famiglie e si abbandonano giovani in mano a modelli distruttivi, pur di aumentare il profitto. Anche la droga è un idolo. Quanti giovani rovinano la salute, persino la vita, adorando quest’idolo della droga.”
Il terzo stadio dello sviluppo di un’idolatria è quello più tragico, perché “gli idoli schiavizzano. Promettono felicità ma non la danno; e ci si ritrova a vivere per quella cosa o per quella visione, presi in un vortice auto-distruttivo, in attesa di un risultato che non arriva mai. (…) Promettono vita, ma in realtà la tolgono. Il Dio vero non chiede la vita ma la dona, la regala. Il Dio vero non offre una proiezione del nostro successo, ma insegna ad amare. Il Dio vero non chiede figli, ma dona suo Figlio per noi. Gli idoli proiettano ipotesi future e fanno disprezzare il presente; il Dio vero insegna a vivere nella realtà di ogni giorno, nel concreto, non con illusioni sul futuro: oggi e domani e dopodomani camminando verso il futuro.” Di qui l’invito a “riconoscere le proprie idolatrie” perché “è un inizio di grazia, e mette sulla strada dell’amore”. Infatti, l’amore è incompatibile con l’idolatria: ”gli idoli ci rubano l’amore, gli idoli ci rendono ciechi all’amore e per amare davvero bisogna esseri liberi da ogni idolo. Qual è il mio idolo? Toglilo e buttalo dalla finestra!”
Domenica 5 agosto, all’Angelus, il Papa ha incoraggiato ad avere fede in Cristo compiendo “opere buone che profumano di Vangelo, per il bene e le necessità dei fratelli”. Gesù vuole che la gente lo conosca, “vuole che la ricerca di Lui e l’incontro con Lui vadano oltre la soddisfazione immediata delle necessità materiali”. Egli “è venuto a portarci qualcosa di più, ad aprire la nostra esistenza a un orizzonte più ampio rispetto alle preoccupazioni quotidiane del nutrirsi, del vestirsi, della carriera, e così via” stimolando “la gente a fare un passo avanti, a interrogarsi sul significato del miracolo, e non solo ad approfittarne. Infatti, la moltiplicazione dei pani e dei pesci è segno del grande dono che il Padre ha fatto all’umanità e che è Gesù stesso!”
Cristo vuole saziare “non soltanto i corpi ma anche le anime”, con il “cibo spirituale” che soddisfa la fame “profonda”, quello “che rimane per la vita eterna” e che Gesù ci dona ogni giorno, “la sua Parola, il suo Corpo, il suo Sangue”. Chi ascolta Gesù vuole sapere quali azioni debba compiere “per accontentare Dio”, ma occorre credere “in Colui che Egli ha mandato”. Sono parole “rivolte, oggi, anche a noi: l’opera di Dio non consiste tanto nel ‘fare’ delle cose, ma nel ‘credere’ in Colui che Egli ha mandato; o meglio, la fede in Gesù ci permette di compiere le opere di Dio. Se ci lasceremo coinvolgere in questo rapporto d’amore e di fiducia con Gesù, saremo capaci di compiere opere buone che profumano di Vangelo, per il bene e le necessità dei fratelli.”
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