NESSUNO NE PARLA (O QUASI)
news quasi sconosciute
a cura di Gian Paolo Cassano
“Il primo e forse il più grande contributo che i cristiani possono portare all’Europa di oggi è ricordarle che essa non è una raccolta di numeri di istituzioni, ma è fatta di persone”. Lo ha ricordato il Papa ai partecipanti alla conferenza “(Re)Thinking Europe, Ripensare l’Europa. Un contributo cristiano al futuro del progetto europeo”, riuniti nell’Aula Nuova del Sinodo. Per due giorni (27 e 28 ottobre) politici, cardinali, vescovi, ambasciatori e rappresentanti di movimenti e altre denominazioni cristiane, hanno riflettuto insieme nell’incontro organizzato dalla Comece, la Commissione degli Episcopati della Comunità Europea.
Ora in Europa “è riconoscibile – ha detto il presidente della COMECE, il card. Reinhard Marx, Arcivescovo di Monaco – una tendenza a cercare le risposte nell’ieri, in un mal compreso ritorno alle soluzioni collaudate, che spesso è solo nostalgia e trasfigurazione romantica del passato”, di cui sono “espressione anche le correnti populiste e rivolte all’indietro”. Non è la prospettiva cristiana, perché non è uno sguardo retrospettivo che abbellisce la realtà, bensì uno sguardo lucido sul nostro presente e soprattutto sul futuro.
Il Papa ha indicato la strada: le fondamenta dell’Europa sono “persona” e “comunità”, che “come cristiani vogliamo e possiamo contribuire a costruire” ed i mattoni sono “dialogo, inclusione, solidarietà, sviluppo e pace”. Infatti uno dei valori fondamentali portati dal cristianesimo è “il senso della persona, costituita a immagine di Dio”. Rifacendosi a san Benedetto ha indicato la sua concezione dell’uomo radicalmente diversa da quella della classicità greco-romana: “per Benedetto non ci sono ruoli, ci sono persone” mentre purtroppo oggi si nota come spesso “non ci sono i lavoratori, ci sono gli indicatori economici”, cioè una questione di cifre.
I cristiani devono ricordare prima di tutto che l’Europa è fatta di persone e far riscoprire il senso di appartenenza ad una comunità, contro la tendenza a vivere in solitudine dell’Occidente, fraintendendo il concetto di libertà che viene intesa come dovere di essere soli. L’Europa deve essere un luogo di dialogo, come lo era in un certo senso l’antica agorà, non solo spazio economico ma cuore della politica. Il Papa ha così messo in guardia da “un certo pregiudizio laicista, ancora in auge” che non riesce a percepire il valore della religione nella sfera pubblica e preferisce relegarla solo in quella privata, instaurando così “il predominio di un certo pensiero unico, assai diffuso nei consessi internazionali”, che vede “nell’affermazione di un’identità religiosa un pericolo per la propria egemonia, finendo così per favorire un’artefatta contrapposizione fra il diritto alla libertà religiosa e altri diritti fondamentali”. Occorre stare attenti quando nella politica alla voce del dialogo, “si sostituiscono le urla delle rivendicazioni”, con formazioni populiste ed estremiste. L’Europa deve poi essere uno spazio inclusivo valorizzando però le differenze; i migranti allora sono una risorsa, più che un peso e non possono essere scartati a proprio piacimento. Bisogna quindi avere premura per i più deboli e per il sostegno fra generazioni.
L’Europa è poi chiamata ad essere sorgente di uno sviluppo integrale come lo intendeva il beato Paolo VI. Occorre “lavoro e servono condizioni adeguate di lavoro”, con iniziative che sono anche l’antidoto migliore ad una “globalizzazione senz’anima”, che ha creato sacche di sfruttamento e povertà. L’ultimo mattone per costruire questo edificio è il diritto alla pace. I cristiani in Europa sono, quindi, chiamati a farsi promotori di una cultura della pace e questo esige “amore alla verità”, altrimenti “non possono esistere rapporti umani autentici”, e “ricerca della giustizia” senza la quale la sopraffazione diventa norma imperante. I cristiani sono chiamati a “ridare anima all’Europa”, come fece san Benedetto.
Gian Paolo Cassano
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