LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano
All’Udienza generale di mercoled 28 giugno il Papa ha parlato della speranza cristiana, intesa come forza dei martiri evidenziando che il martirio non l’ideale supremo della vita cristiana, perch al di sopra di esso vi la carit, cio l’amore verso Dio e verso il prossimo. Ripugna ai cristiani l’idea che gli attentatori suicidi possano essere chiamati ‘martiri’: () non sono martiri, non c’ nulla nella loro fine che possa essere avvicinato all’atteggiamento dei figli di Dio. A volte, leggendo le storie di tanti martiri di ieri e di oggi – che sono pi dei martiri dei primi tempi – rimaniamo stupiti di fronte alla fortezza con cui hanno affrontato la prova. Questa fortezza segno della grande speranza che li animava: la speranza certa che niente e nessuno li poteva separare dall’amore di Dio donatoci in Ges Cristo. Quando Ges invia i discepoli in missione, non li illude con miraggi di facile successo ma li avverte che l’annuncio del Regno di Dio comporta sempre una opposizione; infatti i cristiani amano, ma non sempre sono amati, cio in una misura pi o meno forte la confessione della fede avviene in un clima di ostilit. Per questo il cristiano controcorrente’. E’ normale: poich il mondo segnato dal peccato, che si manifesta in varie forme di egoismo e di ingiustizia, chi segue Cristo cammina in direzione contraria. Se Ges indica la via della povert, un cristiano che non sia umile e povero e cos distaccato dalle ricchezze e dal potere e soprattutto da s non assomiglia a Ges. Ma occorre non cadere nella tentazione della vendetta e della violenza, rispondendo al male col male. Ges ci dice: ‘Io vi mando come pecore in mezzo a lupi’. () Per sconfiggere il male, non si possono condividere i metodi del male. L’unica forza del cristiano il Vangelo. E nelle difficolt si deve credere che Ges sta davanti a noi e non cessa di accompagnarci. La persecuzione non una contraddizione al Vangelo, ma ne fa parte, proprio perch Ges stato perseguitato. Nessuna delle sofferenze dell’uomo, nemmeno le pi minute e nascoste, sono invisibili agli occhi di Dio. Dio vede, e sicuramente protegge; e doner il suo riscatto. C’ infatti in mezzo a noi Qualcuno che pi forte del male, pi forte delle mafie, delle trame oscure, di chi lucra sulla pelle dei disperati, di chi schiaccia gli altri con prepotenza. Ecco lo stile dei cristiani, scelto da Dio: non persecutori, ma perseguitati; non arroganti, ma miti; non venditori di fumo, ma sottomessi alla verit; non impostori, ma onesti. Questa fedelt allo stile di Ges, che uno stile di speranza, fino alla morte, verr chiamata dai primi cristiani con un nome bellissimo: ‘martirio’, che significa ‘testimonianza’. C’erano tante altre possibilit, offerte dal vocabolario: lo si poteva chiamare eroismo, abnegazione, sacrificio di s. E invece i cristiani della prima ora lo hanno chiamato con un nome che profuma di discepolato.
In precedenza, ricevendo i delegati del congresso della CISL nell’Aula Paola VI, il Papa ha detto di no alle pensioni d’oro, e ha rilanciato un nuovo patto sociale per il lavoro, che riduca le ore di lavoro di chi nell’ultima stagione lavorativa, per creare lavoro per i giovani che hanno il diritto-dovere di lavorare. Il dono del lavoro il primo dono dei padri e delle madri ai figli e alle figlie, il primo patrimonio di una societ. la prima dote con cui li aiutiamo a spiccare il loro volo libero della vita adulta. Infatti una societ stolta e miope quella che costringe gli anziani a lavorare troppo a lungo e obbliga una intera generazione di giovani a non lavorare quando dovrebbero farlo per loro e per tutti. Invitando il sindacato ad essere ci gli spetta e non assomigliare troppo alla politica, ha chiesto che l’economia sia sempre e solo al servizio dell’uomo: diciamo economia sociale di mercato, come ci ha insegnato San Giovanni Paolo II: economia sociale di mercato. L’economia ha dimenticato la natura sociale che ha come vocazione, la natura sociale dell’impresa, della vita, dei legami e dei patti.
Nella solennit degli apostoli Pietro e Paolo, il 29 giugno ha colto nella confessione, persecuzione, preghiera i tratti distintivi nella vita degli santi apostoli. Concelebrando con i neo cinque cardinali, ha benedetto i Palli degli arcivescovi metropoliti nominati nell’ultimo anno ed ha evidenziato che “a poco serve conoscere gli articoli di fede se non si confessa Ges Signore della propria vita. Infatti Egli ci guarda negli occhi e chiede: ‘Chi sono io per te?’ Come a dire: ‘Sono ancora io il Signore della tua vita, la direzione del tuo cuore, la ragione della tua speranza, la tua fiducia incrollabile?’ Di qui l’invito a chiedersi se siamo cristiani da salotto, che chiacchierano su come vanno le cose nella Chiesa e nel mondo. Perch chi confessa Ges non tenuto soltanto “a dare pareri, ma a dare la vita; sa che non pu credere in modo tiepido e che nella vita non pu ‘galleggiare’ o adagiarsi nel benessere, la sua via passa anche attraverso la croce e le persecuzioni. Ha indicato poi un’altra parola essenziale nella vita dell’apostolo: ‘preghiera’, acqua indispensabile che nutre la speranza e fa crescere la fiducia, perch la preghiera ci fa sentire amati e ci permette di amare. Ci fa andare avanti nei momenti bui, perch accende la luce di Dio. Nella Chiesa la preghiera che ci sostiene tutti e ci fa superare le prove.
All’Angelus ha ricordato che Pietro e Paolo hanno suggellato con il proprio sangue la testimonianza resa a Cristo con la predicazione e il servizio alla nascente comunit cristiana. Il Papa ha voluto rassicurare che il Signore non ci abbandona mai e specialmente nel momento della prova, Dio ci tende la mano, viene in nostro aiuto e ci libera dalle minacce dei nemici. Occorre ricordarsi per che il nostro vero nemico il peccato, e il Maligno che ci spinge ad esso, invitando a riconciliarsi con Dio specie con il sacramento della penitenza, per essere gioiosi annunciatori e testimoni del Vangelo.
Domenica 2 luglio, all’Angelus, ha sottolineato due aspetti essenziali per la vita del discepolo missionario, cio il legame con Ges che pi forte di qualunque altro legame ed il fatto che il missionario non porta s stesso, ma Ges, e mediante Lui l’amore del Padre celeste. Infatti chi si lascia attrarre in questo vincolo di amore e di vita con il Signore Ges diventa un suo rappresentante, un suo ‘ambasciatore’, soprattutto con il modo di essere, di vivere. L’importante non avere il cuore doppio, ma un cuore “semplice, unito; che non tenga il piede in due scarpe, ma sia onesto con s stesso e con gli altri. La doppiezza non cristiana. Ora c’ una reciprocit anche nella missione: se tu lasci tutto per Ges la gente riconosce in te il Signore; ma nello stesso tempo ti aiuta a convertirti ogni giorno a Lui, a rinnovarti e purificarti dai compromessi e a superare le tentazioni. Quanto pi un sacerdote vicino al popolo di Dio – ha soggiunto – tanto pi si sentir prossimo a Ges, e quanto pi un sacerdote vicino a Ges, tanto pi si sentir prossimo al popolo di Dio”.
Gian Paolo Cassano
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