LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano
Un invito a non restare intrappolati nelle macerie, ma stare dalla parte di Gesù e farlo avvicinare ai nostri sepolcri. E’ quanto ha detto il Papa domenica 2 aprile a Carpi in Piazza Martiri, visitando (sulle orme di Benedetto XVI, che si recò in Emilia poche settimane dopo il sisma) i luoghi segnati dal terremoto del 2012. Dopo la recita dell’Angelus, la benedizione delle prime 4 pietre di altrettanti nuovi edifici della diocesi.
Al suo arrivo, accolto dal vescovo di Carpi, mons. Francesco Cavina e dalle altre autorità, Francesco ha voluto rendere un omaggio floreale alla statua della Madonna presente nella Cattedrale. Il Pontefice ha affermato che il cuore di Dio “non fa scomparire magicamente il male” ma è vicino a chi soffre e trasforma la sofferenza abitandola. Anche Gesù scoppia in pianto alla morte dell’amico Lazzaro, ma “nel mistero della sofferenza, di fronte al quale il pensiero e il progresso si infrangono come mosche sul vetro”, Gesù “non si fa imprigionare dal pessimismo”. Così “attorno a quel sepolcro, avviene così un grande incontro-scontro”; da una parte c’è la “disfatta del sepolcro”, la delusione, la precarietà, e dall’altra la speranza, “che vince la morte e il male, e che ha un nome: Gesù”, che non porta qualche rimedio per allungare la vita, ma proclama: “Io sono la Risurrezione (…) chi crede in me, anche se muore, vivrà”. Allora “anche noi siamo invitati a decidere da che parte stare. Si può stare dalla parte del sepolcro oppure dalla parte di Gesù. C’è chi si lascia chiudere nella tristezza e chi si apre alla speranza. C’è chi resta intrappolato nelle macerie della vita e chi, come voi, con l’aiuto di Dio solleva le macerie e ricostruisce con paziente speranza. Di fronte ai grandi ‘perché’ della vita abbiamo due vie: stare a guardare malinconicamente i sepolcri di ieri e di oggi, o far avvicinare Gesù ai nostri sepolcri”. Ognuno ha “un piccolo sepolcro”, qualche ferita, un torto subìto, un rancore che non dà tregua, un peccato che non si riesce a superare. Di qui l’invito ad individuare “questi nostri piccoli sepolcri” e “lì invitiamo Gesù”. Occorre stare attenti a non lasciarsi “imprigionare dalla tentazione di rimanere soli e sfiduciati a piangerci addosso per quello che ci succede; non cediamo alla logica inutile e inconcludente della paura, al ripetere rassegnato che va tutto male e niente è più come una volta. Questa è l’atmosfera del sepolcro; il Signore desidera invece aprire la via della vita, quella dell’incontro con Lui, della fiducia in Lui, della Risurrezione del cuore, la via dell’‘Alzati, alzati! Vieni fuori’! E’ questo che ci chiede il Signore e Lui è accanto a noi per farlo”.
Se seguiamo Gesù “impariamo a non annodare le nostre vite attorno ai problemi che si aggrovigliano”, trovando “una nuova stabilità, e questa stabilità è proprio Gesù”.
Con Lui “la speranza rinasce, il dolore si trasforma in pace” e sempre ci sarà la sua mano che risolleva: “togliamo davanti a Lui quella pietra che Gli impedisce di entrare: è questo il tempo favorevole per rimuovere il nostro peccato, il nostro attaccamento alle vanità mondane, l’orgoglio che ci blocca l’anima, tante inimicizie tra noi, nelle famiglie, tante cose… Questo è il momento favorevole per rimuovere tutte queste cose”.
All’Angelus, il Papa ha ringraziato i presenti a cominciare dai vescovi dell’Emilia Romagna e ricorda “due figure laicali” di questa terra, “il Beato Odoardo Focherini e la Venerabile Marianna Saltini, testimoni della carità di Cristo”.Ha poi ricordato Colombia, Venezuela, Paraguay e Repubblica Democratica del Congo. Paesi diversi, tragedie, violenze e crisi differenti, ma un unico dolore, levando una preghiera senza confini. Al termine della mattinata, il pranzo presso il Seminario con i vescovi della regione, i sacerdoti anziani e i seminaristi.
Il Papa ha concluso nel pomeriggio a Mirandola la sua visita nella diocesi di Carpi, con una lode e un incoraggiamento rivolti alle popolazioni colpite dal sisma nel 2012, con un omaggio floreale alle vittime. “Le ferite alle case, alle attività produttive, alle chiese e agli altri monumenti” sono nel pensiero del Papa, e, soprattutto, le ferite interiori, di chi ha perso i propri cari e visto dissolversi i sacrifici di una vita. Francesco ha sottolineato “lo spirito evangelico” con cui la gente ha affrontato la situazione, “accettando negli eventi dolorosi la misteriosa presenza di un Padre che è sempre amorevole anche nelle prove più dure”. Certo “rimarranno tutta la vita le cicatrici, e guardando queste cicatrici voi abbiate il coraggio di crescere e di far crescere i vostri figli in quella dignità, in quella fortezza, in quello spirito di speranza, in quel coraggio che voi avete avuto nel momento delle ferite”. Da qui l’augurio che non vengano mai meno le doti di laboriosità e non si ceda allo scoraggiamento per le difficoltà: “molto è stato fatto nell’opera della ricostruzione ma è quanto mai importante un deciso impegno per recuperare anche i centri storici: essi sono i luoghi della memoria storica e sono spazi indispensabili della vita sociale ed ecclesiale. Sono certo che non mancherà la buona volontà, da parte di tutti gli attori coinvolti, affinché sia assicurata la rapida realizzazione di questi necessari lavori, per il bene comune”.
Gian Paolo Cassano
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