LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano
Seminare speranza e consolare i fratelli; è ciò che ci chiede il Signore. Lo ha evidenziato il Papa all’udienza generale di mercoledì 22 marzo, proseguendo il ciclo sulla speranza cristiana, nel suo legame con la perseveranza e la consolazione.
La perseveranza è la capacità di rimanere fedeli pur vivendo un peso che sembra insostenibile, mentre la consolazione è quella di mostrare l’azione compassionevole di Dio anche nella sofferenza. Nel brano della Lettera ai Romani proclamato (Rom. 15) ha rilevato come il Signore sia “davvero ‘il Dio della perseveranza e della consolazione’, che rimane sempre fedele al suo amore per noi, cioè che è perseverante nell’amore con noi, non si stanca di amarci! E’ perseverante: sempre ci ama! E anche si prende cura di noi, ricoprendo le nostre ferite con la carezza della sua bontà e della sua misericordia, cioè ci consola. Non si stanca neanche di consolarci”. Seguendo l’insegnamento dell’Apostolo (“Noi, che siamo i forti, abbiamo il dovere di portare le infermità dei deboli”), comprendiamo la logica del Vangelo, che la forza non viene da noi, ma dal Signore: chi sperimenta la consolazione di Dio si sente in dovere di farsi carico delle fragilità dei più deboli. “Se noi stiamo vicini al Signore, avremo quella fortezza per essere vicini ai più deboli, ai più bisognosi e consolare loro e dare forza a loro. Questo è quello che significa. Questo noi possiamo farlo senza autocompiacimento, ma sentendoci semplicemente come un ‘canale’ che trasmette i doni del Signore; e così diventa concretamente un ‘seminatore’ di speranza. E’ questo che il Signore chiede a noi, con quella fortezza e quella capacità di consolare e essere seminatori di speranza. E oggi serve seminare speranza, ma non è facile”.
Il frutto di questo stile è una comunità dove non ci sono persone “di serie A”, cioè i forti, e altri di “serie B”, i deboli, ma dove si hanno gli stessi sentimenti “gli uni verso gli altri”: “è una comunità così che ‘con un solo animo e una voce sola rende gloria a Dio’. Ma tutto questo è possibile se si mette al centro Cristo, la sua Parola, perché Lui è il ‘forte’, Lui è quello che ci dà la fortezza, che ci dà la pazienza, che ci dà la speranza, che ci dà la consolazione. Lui è il ‘fratello forte’ che si prende cura di ognuno di noi: tutti infatti abbiamo bisogno di essere caricati sulle spalle dal Buon Pastore e di sentirci avvolti dal suo sguardo tenero e premuroso”.
All’Angelus di domenica 26 marzo Francesco ha invitato ad affidarsi a Gesù, vera “luce del mondo” e non alle luci false che ci allontanano dal prossimo, ringraziando i milanesi per la straordinaria accoglienza a Milano che l’hanno fatto “sentire a casa”.
Soffermandosi sul Vangelo domenicale ha osservato come ci induca “a riflettere sulla nostra fede in Cristo, il Figlio di Dio:” il testo “al tempo stesso si riferisce anche al Battesimo, che è il primo Sacramento della fede”, il Sacramento che ci fa “venire alla luce”, mediante “la rinascita dall’acqua e dallo Spirito Santo”. Infatti “il cieco nato e guarito ci rappresenta quando non ci accorgiamo che Gesù è ‘la luce del mondo’, quando guardiamo altrove, quando preferiamo affidarci a piccole luci, quando brancoliamo nel buio. Il fatto che quel cieco non abbia un nome ci aiuta a rispecchiarci con il nostro volto e il nostro nome nella sua storia. Anche noi siamo stati illuminati da Cristo nel Battesimo, e quindi siamo chiamati a comportarci come figli della luce”.
Questo “esige un cambiamento radicale di mentalità, una capacità di giudicare uomini e cose secondo un’altra scala di valori, che viene da Dio”. Il Battesimo “esige una scelta” di “vivere come figli della luce e camminare nella luce”, cioè “innanzitutto abbandonare le luci false: la luce fredda e fatua del pregiudizio contro gli altri, perché il pregiudizio distorce la realtà e ci carica di avversione contro coloro che giudichiamo senza misericordia e condanniamo senza appello.” Il Papa ha portato poi degli esempi: “quando si chiacchiera degli altri si cammina non nella luce, si cammina nelle ombre. Un’altra luce falsa, perché seducente e ambigua, è quella dell’interesse personale: se valutiamo uomini e cose in base al criterio del nostro utile, del nostro piacere, del nostro prestigio, non facciamo la verità nelle relazioni e nelle situazioni. Se andiamo su questa strada del cercare solo l’interesse personale, camminiamo nelle ombre”.
Gian Paolo Cassano
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