LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano
Proseguendo il ciclo di catechesi dedicate alla speranza cristiana, all’udienza generale di mercoledì 11 gennaio, Francesco ha messo in guardia da ideologie, denaro, vanità, dagli idoli che “ci piacciono tanto”. Prendendo spunto dal Salmo 115, che ricorda la falsità degli idoli, ha parlato della fede che consiste nel fidarsi di Dio anche se può arrivare il momento in cui l’uomo sperimenta “la fragilità di quella fiducia” e il bisogno di “sicurezze tangibili”. “Lì è il pericolo”, perché si è tentati “di cercare consolazioni anche effimere, che sembrano riempire il vuoto della solitudine e lenire la fatica del credere.” Così si pensa “di poterle trovare nella sicurezza che può dare il denaro, nelle alleanze con i potenti, nella mondanità, nelle false ideologie. A volte le cerchiamo in un dio che possa piegarsi alle nostre richieste e magicamente intervenire per cambiare la realtà e renderla come noi la vogliamo; un idolo, appunto, che in quanto tale non può fare nulla, impotente e menzognero.” Ma la Bibbia denuncia la falsità degli idoli; così il Papa ricorda l’episodio di alcuni veggenti che in un parco di Buenos Aires leggevano la mano a pagamento, offrendo “la sicurezza di una stupidaggine”, penando anche al film “Miracolo a Milano”. “Questo è l’idolo, e quando noi vi siamo tanto attaccati: compriamo false speranze. Mentre di quella che è la speranza della gratuità, che ci ha portato Gesù Cristo, gratuitamente dando la vita per noi, di quella a volte non ci fidiamo tanto”.
Gli idoli sono anche quelli “costruiti dalla nostra mente”; ciò avviene “quando riduciamo Dio ai nostri schemi, alle nostre idee di divinità”: l’uomo si fabbrica un “dio” a sua immagine, un “dio” che ci somiglia, comprensibile, prevedibile.
Così si mette la fiducia in simulacri muti: “le ideologie con la loro pretesa di assoluto, il grande idolo delle ricchezze, la vanità, il potere, il successo, con la loro illusione di onnipotenza. Ma anche la salute e la bellezza fisica possono diventare idoli a cui sacrificare ogni cosa”, persino la vita nascente ! “Questi sono gli idoli, e ti portano sulla strada sbagliata e non ti danno felicità”. Se si ripone la speranza negli idoli, si diventa come loro: “non si ha più nulla da dire, si diventa incapaci di aiutare, cambiare le cose, incapaci di sorridere, di donarsi, incapaci di amare.” E’ il rischio della mondanizzazione, che corrono anche gli uomini di Chiesa.
Mentre gli idoli deludono, non così la speranza riposta nel Signore: “sempre il Signore si ricorda. Anche nei momenti brutti Lui si ricorda di noi. E questa è la nostra speranza. E la speranza non delude. Mai. Mai. Gli idoli deludono sempre: sono fantasie, non sono realtà”. Confidando in Dio invece, “si diventa come Lui”: la sua benedizione ci trasforma in suoi figli e ci salva.
Sono “nostri piccoli fratelli” ed “esposti a tanti pericoli”; sono i migranti minori non accompagnati, di cui ha parlato il Papa all’Angelus domenica 15 gennaio, nella Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, ricordando l’esempio di santa Francesca Saverio Cabrini, patrona dei migranti, di cui quest’anno ricorre il centenario della morte: “la sua testimonianza ci aiuti a prenderci cura del fratello forestiero, nel quale è presente Gesù, spesso sofferente, rifiutato e umiliato”. Nei loro confronti, specie i minori, “è necessario adottare ogni possibile misura per garantire (…) la protezione e la difesa, come anche la loro integrazione”.
Francesco ha ribadito poi la necessità di continuare ad annunciare Cristo, sottolineando che se “la Chiesa annuncia se stessa…, perde la bussola”. E’ l’esempio di Giovanni il Battista che annunciava Gesù, dicendo: “Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo” che è decisivo “per la nostra fede” e “per la missione della Chiesa” che sempre “è chiamata a fare quello che fece Giovanni il Battista, indicare Gesù alla gente: (…) Lui è l’unico Salvatore! Lui è il Signore, umile, in mezzo ai peccatori, ma è Lui, Lui: non è un altro, potente, che viene; no, no, è Lui!”
Sono “le parole che noi sacerdoti ripetiamo ogni giorno, durante la Messa, quando presentiamo al popolo il pane e il vino diventati il Corpo e il Sangue di Cristo. Questo gesto liturgico rappresenta tutta la missione della Chiesa, la quale non annuncia sé stessa”. Perché “è Lui e solo Lui che salva il suo popolo dal peccato, lo libera e lo guida alla terra della vita e della vera libertà”!
Gian Paolo Cassano
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