NESSUNO NE PARLA (O QUASI)
news quasi sconosciute
a cura di Gian Paolo Cassano
Il caso di Asia Bibi in Pakistan è eclatante, per quanto riguarda la persecuzione dei cristiani . In quella nazione infatti vige la pena di morte anche per la blasfemia. E’ ciò che è successo alla donna cristiana, arrestata il 19 giugno 2009 per blasfemia e condannata a morte nel 2010. Ora nel carcere di Multan, dove è stata trasferita dal giugno 2013, Asia misura il tempo (sono passati più di 2260 giorni) ed attende che venga riconosciuta la sua palese innocenza o che le pressioni internazionali convincano il presidente a concederle la grazia.
Nel frattempo il 22 giugno 2015 la Corte Suprema ha dichiarato l’ammissibilità del suo ricorso (dunque riesaminerà l’intero caso) e ha sospeso la pena capitale, rimandando il processo ad un tribunale.
Asia Naurīn Bibi è una lavoratrice agricola a giornata e madre cristiana di cinque figli. Quel giorno è impegnata nella raccolta di alcune bacche. Scoppia un diverbio con le lavoratrici vicine, di religione musulmana. A lei era stato chiesto di andare a prendere dell’acqua. Ma un gruppo di donne musulmane l’avrebbe respinta sostenendo che Asia, in quanto cristiana, non avrebbe dovuto toccare il recipiente. Il 19 giugno, le donne denunciano Asia Bibi alle autorità sostenendo che, durante la discussione, avrebbe offeso Maometto. Picchiata, chiusa in uno stanzino, violentata, è infine arrestata pochi giorni dopo nel villaggio di Ittanwalai, nonostante contro di lei non ci fosse nessuna prova. Asia Bibi ha sempre negato le accuse e ha replicato di essere perseguitata e discriminata a causa del suo credo religioso.
L’unica consolazione resta la preghiera e la Bibbia; in prigione, infatti, ha imparato a leggere proprio per poter accedere alla Scrittura. Sulla pelle di questa donna estenuata e minuta gli estremisti islamici combattono la battaglia in difesa della “legge nera”, la normativa anti-blasfemia. Per le fazioni musulmane estremiste, la cattolica Asia va punita per la sua determinazione a difendere il diritto alla libertà di fede.
Nel frattempo Soran Masih, padre di Asia Bibi, potrà visitarla in carcere: il 24 agosto, l’Alta Corte di Lahore ha infatti accolto la domanda presentata dall’uomo, che chiedeva di poter vedere sua figlia. Ma contemporaneamente Khalil Tahir Sindhu, l’avvocato che difende Asia Bibi ha ricevuto nuove minacce di morte, ma ha dichiarato che le pressioni dei fondamentalisti non lo faranno desistere dal suo lavoro. Una scelta coraggiosa, costata nel recente passato la vita ad altre personalità cristiane, primo fra tutti Shahbaz Bhatti, ministro per le Minoranze religiose, assassinato nel 2011. Suo fratello, Paul Bhatti, continua la sua opera come leader dell’Apma, All Pakistan Minorities Alliance.
Gian Paolo Cassano
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