LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano
Quando la malattia entra nella vita familiare viene sentita “con un di più di sofferenza e di angoscia”; ne ha parlato il Papa mercoledì 10 giugno all’Udienza generale. E’ l’amore che ci fa sentire questo “di più”. Infatti, quante volte “per un per un padre e una madre, è più difficile sopportare il male di un figlio, di una figlia, che non il proprio” ? E’ bello pensare anche alla famiglia come “l’ospedale più vicino”, specialmente in tante parti del mondo, dove l’ospedale è un privilegio o è lontano.
Poi Francesco ha ricordato i tanti episodi nei Vangeli che “raccontano gli incontri di Gesù con i malati e il suo impegno a guarirli”: il Signore “non si è mai sottratto alla loro cura !” Ecco il compito della Chiesa: “aiutare i malati, non perdersi in chiacchiere, aiutare sempre, consolare, sollevare, essere vicino ai malati.” Per loro non deve mai mancare la preghiera: “anzi dobbiamo pregare di più, sia personalmente sia in comunità”. Non bisogna poi dimenticare l’impegno ad “educare i figli fin da piccoli alla solidarietà nel tempo della malattia”, altrimenti “inaridisce il cuore. E fa sì che i ragazzi siano ‘anestetizzati’ verso la sofferenza altrui, incapaci di confrontarsi con la sofferenza e di vivere l’esperienza del limite”.
Il Pontefice ha lodato il sacrificio di chi passa notti insonni per avere assistito un malato in famiglia: “quelle eroicità nascoste che si fanno quando uno è ammalato, quando il papà, la mamma, il figlio, la figlia … E si fanno con tenerezza e con coraggio”. Questo diventa “una scuola di vita”, se accompagnata da “preghiera” e da “vicinanza affettuosa e premurosa dei familiari”; essa “è un vero tesoro per la parrocchia; un tesoro di sapienza, che aiuta le famiglie nei momenti difficili e fa capire il Regno di Dio meglio di tanti discorsi! Sono carezze di Dio. Grazie”.
All’Angelus di domenica 14 giugno, annunciando la prossima presentazione della sua Enciclica “sulla cura del creato”, ha auspicato che “tutti possano ricevere il suo messaggio e crescere nella responsabilità verso la casa comune che Dio ha affidato a tutti”. L’Enciclica sulla tutela del creato è in piena sintonia con gli esempi del mondo rurale da cui Gesù trae spunto per le sue parabole come quella del Vangelo domenicale del seme che germoglia e del granello di senape. “Dio ha affidato la sua Parola alla nostra terra, cioè a ciascuno di noi con la nostra concreta umanità. Possiamo essere fiduciosi, perché la Parola di Dio è parola creatrice, destinata a diventare ‘il chicco pieno nella spiga’. Questa Parola, se viene accolta, porta certamente i suoi frutti, perché Dio stesso la fa germogliare e maturare attraverso vie che non sempre possiamo verificare e in un modo che noi non sappiamo”.
Il modo lo conosce Dio, perché è sempre Lui “a far crescere il suo Regno”; l’uomo è il “suo umile collaboratore, che contempla e gioisce dell’azione creatrice divina e ne attende con pazienza i frutti”, anche quelli che possono nascere da “una realtà umanamente piccola e apparentemente irrilevante”. Per questo “per entrare a farne parte bisogna essere poveri nel cuore; non confidare nelle proprie capacità, ma nella potenza dell’amore di Dio; non agire per essere importanti agli occhi del mondo, ma preziosi agli occhi di Dio, che predilige i semplici e gli umili. Quando viviamo così, attraverso di noi irrompe la forza di Cristo e trasforma ciò che è piccolo e modesto in una realtà che fa fermentare l’intera massa del mondo e della storia”.
Siamo certi che la vittoria del Signore sia “sicura: il suo amore farà spuntare e farà crescere ogni seme di bene presente sulla terra. Questo ci apre alla fiducia e alla speranza, all’ottimismo, nonostante i drammi, le ingiustizie, le sofferenze che incontriamo. Il seme del bene e della pace germoglia e si sviluppa, perché lo fa maturare l’amore misericordioso di Dio”.
Gian Paolo Cassano
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