LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano
E’ stata dedicata all’ecumenismo la catechesi di Papa Francesco all’udienza generale di mercoledì 8 ottobre, con l’incoraggiamento a non rassegnarsi mai alle divisioni fra i cristiani, ma a pregare gli uni per gli altri, “camminando insieme” e “facendo opere di carità”.
Comunione e divisione sono due parole che fanno rima ma che rappresentano gli antipodi dell’esperienza cristiana, presenti nella storia della Chiesa fin dal Cenacolo. Bisogna però stare attenti alla “rassegnazione” sulla separazione fra coloro che sono e dovrebbero sentirsi fratelli.
“Anche oggi i rapporti non sono sempre improntati al rispetto e alla cordialità… Ma mi domando: come ci poniamo di fronte a tutto questo? Siamo anche noi rassegnati, se non addirittura indifferenti a questa divisione? Oppure, crediamo fermamente che si possa e si debba camminare nella direzione della riconciliazione e della piena comunione? La piena comunione, cioè poter partecipare tutti insieme al Corpo e al Sangue di Cristo”.
Se siamo divisi “facciamo una ferita a Cristo”, pensando a quelle fratture della famiglia cristiana “protratte” così “a lungo nel tempo”. Ora “le ragioni che hanno portato alle fratture e alle separazioni possono essere le più diverse: dalle divergenze su principi dogmatici e morali e su concezioni teologiche e pastorali differenti, ai motivi politici e di convenienza, fino agli scontri dovuti ad antipatie e ambizioni personali… Quello che è certo è che, in un modo o nell’altro, dietro queste lacerazioni ci sono sempre la superbia e l’egoismo, che sono causa di ogni disaccordo e che ci rendono intolleranti, incapaci di ascoltare e di accettare chi ha una visione o una posizione diversa dalla nostra”.
Per questo il Papa ha incoraggiato a ricercare con costanza la comunione oggi, in continuità “con quella di Gesù” degli inizi. Cristo “ci chiede di non fissare lo sguardo su ciò che ci divide, ma piuttosto su quello che ci unisce, cercando di meglio conoscere e amare Gesù e di condividere la ricchezza del suo amore (…) Aiutiamoci l’un l’altro! Ma tu la pensi così, tu la pensi così … In tutte le comunità ci sono bravi teologi: che loro discutano, che loro cerchino la verità teologica perché è un dovere, ma noi camminiamo insieme, pregando l’uno per l’altro e facendo opere di carità”.
Parlando poi di “comunione in cammino” e di “ecumenismo spirituale”, ha ricordato i 70 anni delle sua Prima Comunione (8 ottobre 1944) sottolineando come questo sia un invito ad “entrare in comunione con gli altri, in comunione con i fratelli della nostra Chiesa, ma anche in comunione con tutti quelli che appartengono a comunità diverse ma credono in Gesù. Ringraziamo il Signore per il nostro Battesimo, ringraziamo il Signore per la nostra Comunione, e perché questa Comunione finisca per essere di tutti, insieme”.
All’Angelus, domenica 12 ottobre, ha parlato della bontà di Dio, che offre la sua salvezza a tutti senza distinzioni, che “non ha confini e non discrimina nessuno”, perché è fatta di “gratuità”, “larghezza” e “universalità”. Dio non “interrompe” mai il suo progetto di salvezza, anche se qualcuno dei “chiamati” gli volta le spalle: “di fronte al rifiuto dei primi invitati Egli non si scoraggia, non sospende la festa, ma ripropone l’invito allargandolo, allargandolo oltre ogni ragionevole limite e manda i suoi servi nelle piazze e ai crocicchi delle strade a radunare tutti quelli che trovano. Si tratta di gente qualunque, poveri, abbandonati e diseredati, addirittura buoni e cattivi – anche i cattivi sono invitati – senza distinzione. E la sala si riempie di ‘esclusi’. Il Vangelo, respinto da qualcuno, trova un’accoglienza inaspettata in tanti altri cuori”.
Ad ognuno “è data la possibilità di rispondere” all’invito di Dio e “nessuno ha il diritto di sentirsi privilegiato o di rivendicare un’esclusiva”: invece “noi dobbiamo per aprirci alle periferie, riconoscendo che anche chi sta ai margini, addirittura colui che è rigettato e disprezzato dalla società è oggetto della generosità di Dio”.
Così si potrà evitare un altro tipo di errore, quello di “ridurre il Regno di Dio nei confini della ‘chiesetta’: la nostra ‘chiesetta” piccoletta… Non serve questo! Ma a dilatare la Chiesa alle dimensioni del Regno di Dio. Soltanto una condizione: indossare l’abito nuziale, cioè testimoniare la carità concreta a Dio e al prossimo”.
Gian Paolo Cassano
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