LA PAROLA DI PAPA BENEDETTO
a cura di Gian Paolo Cassano
Giovanni Duns Scoto è stato (come tanti altri nella storia della Chiesa) un uomo fedele alla Chiesa e al Papa nonostante le persecuzioni. E’ al grande teologo medioevale che Benedetto XVI ha dedicato l’udienza generale mercoledì 7 luglio che aveva riflettuto sulla libertà, il “grande sogno” dell’umanità di tutti i tempi, affermando come questa sia una “qualità fondamentale della volontà” umana, che tuttavia resterebbe incompiuta se fosse assolutizzata e non si ponesse all’ascolto di Dio. Infatti “se è sganciata dalla verità, la libertà diventa tragicamente principio di distruzione dell’armonia interiore della persona umana, fonte di prevaricazione dei più forti e dei violenti, e causa di sofferenze e di lutti”.
“La libertà, come tutte le facoltà di cui l’uomo è dotato”, cresce “quando l’uomo si apre a Dio: … quando noi ci mettiamo in ascolto della Rivelazione divina, della Parola di Dio, per accoglierla, allora siamo raggiunti da un messaggio che riempie di luce e di speranza la nostra vita e siamo veramente liberi”. Il Papa ha ricordato che per la fedeltà al Papa (di fronte alle richieste del re Filippo il Bello) Duns Scoto preferì l’esilio, soffermandosi a lungo sulle qualità intellettuali del “Dottore Sottile”, che ribadì come l’Incarnazione sia “l’opera più grande e più bella di tutta la storia della salvezza, e che essa non è condizionata da nessun fatto contingente”.
Dal suo pensiero Benedetto XVI ha preso spunto per riflettere sul lavoro dei teologi e sul rispetto che esso deve al comune sentire della fede. “Il Popolo di Dio – ha affermato – precede i teologi e tutto questo grazie a quel soprannaturale sensus fidei, cioè a quella capacità infusa dallo Spirito Santo, che abilita ad abbracciare la realtà della fede, con l’umiltà del cuore e della mente. In questo senso, il Popolo di Dio è ‘magistero che precede’, e che poi deve essere approfondito e intellettualmente accolto dalla teologia. Possano sempre i teologi mettersi in ascolto di questa sorgente della fede e conservare l’umiltà e la semplicità dei piccoli”.
Il Beato Duns Scoto, ci insegna “che nella nostra vita l’essenziale è credere che Dio ci è vicino e ci ama in Cristo Gesù, e coltivare, quindi, un profondo amore a Lui e alla sua Chiesa”: “come a Manila il Papa Paolo VI – ha concluso il Papa – anch’io oggi vorrei gridare al mondo: ‘[Cristo] è il rivelatore di Dio invisibile, (…) è il fondamento di ogni cosa; Egli è il Maestro dell’umanità, è il Redentore (…) Egli è il centro della storia e del mondo; Egli è Colui che ci conosce e che ci ama; Egli è il compagno e l’amico della nostra vita… Io non finirei più di parlare di Lui”.
Martedì 6 luglio, inaugurando, Giardini vaticani la 100° fontana, intitolata a San Giuseppe, ha sottolineato come questa costituisca “un simbolico richiamo ai valori della semplicità e dell’umiltà nel compiere quotidianamente la volontà di Dio, valori che hanno contraddistinto la vita silenziosa, ma preziosa del Custode del Redentore”.
Il Custode del Redentore si è affidato a Dio nella sua vita; questo “non significa attuare tutto chiaro secondo i nostri criteri …. affidarsi a Dio vuol dire svuotarsi di sé, rinunciare a se stessi, perché solo chi accetta di perdersi per Dio può essere ‘giusto’ come san Giuseppe, può conformare, cioè, la propria volontà a quella di Dio e così realizzarsi”.
Gian Paolo Cassano
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