LA PAROLA DI PAPA BENEDETTO
a cura di Gian Paolo Cassano
L’insegnamento di papa Celestino V (ad agosto si concluderà l’Anno giubilare celestiniano indetto per gli 800 anni dalla nascita) ed un’attenzione sociale, ai terremotati, ai poveri e ai sofferenti. E’ ciò che ha messo in rilievo Benedetto XVI nella sua visita a Sulmona domenica 4 luglio sottolineando la “santità” del Papa eremita e la sua “fecondità pastorale”. Sul suo esempio ha invitato tutti a una vita sobria “per conservare più liberi la mente e il cuore”, con l’annuncio coraggioso del Vangelo “anche nei momenti di persecuzione” e “senza cedere né al fascino della moda, né a quello della violenza o dell’imposizione; il distacco dalle preoccupazioni per le cose – il denaro e il vestito – confidando nella Provvidenza del Padre; l’attenzione e cura in particolare verso i malati nel corpo e nello spirito.”
Lo ha ricordato durante l’Eucaristia celebrata in mattinata, esprimendo la solidarietà a chi vive ancora (come a Sulmona) le ferite del terremoto dell’aprile 2009, “a quanti vivono concretamente la loro esistenza in condizioni di precarietà, a causa della mancanza del lavoro, dell’incertezza per il futuro …” raccomandando di perseverare “nella testimonianza di valori umani e cristiani”.
Soffermandosi su Celestino V ha sottolineato come rimanga nella storia “per le note vicende del suo tempo e del suo Pontificato e, soprattutto, per la sua santità”; essa infatti, “non passa mai di moda, anzi, col trascorrere del tempo, risplende con sempre maggiore luminosità, esprimendo la perenne tensione dell’uomo verso Dio”. Celestino V fu un “cercatore di Dio”, capace di silenzio dove percepire la voce di Dio, capace di orientare la vita; ciò è importante nella nostra società in cui “ogni spazio, ogni momento sembra debba essere ‘riempito’ da iniziative, da attività, da suoni”. Per questo “non abbiamo paura di fare silenzio fuori e dentro di noi, se vogliamo essere capaci non solo di percepire la voce di Dio, ma anche quella di chi ci sta accanto, degli altri”. Al centro della vita di Celestino V ci fu Cristo, ci fu la Croce che diede al Santo “la chiara coscienza del peccato” e “l’altrettanto chiara coscienza dell’infinita misericordia di Dio”. Così all’Angelus, Benedetto XVI ha chiesto alla Chiesa di saper guidare chi cerca Dio: “perché tutti coloro che cercano Dio lo possano trovare”, in una vita semplice e umile, “per conservare più liberi la mente e il cuore e per poter condividere i beni con i fratelli”.
Nel pomeriggio è andato in visita ai carcerati (un incontro toccante nel super carcere di massima sicurezza, noto per l’alto numero dei suicidi) ed in Cattedrale ha incontrato i giovani della città, esortandoli a distinguere tra problemi concreti e falsi valori imparando “a usare bene l’intelligenza e la sapienza che Dio ci ha donato! La gente di questa vostra terra, in passato, non aveva molti mezzi per studiare, e nemmeno per affermarsi nella società, ma possedeva ciò che rende veramente ricco un uomo e una donna: la fede e i valori morali. E’ questo che costruisce le persone e la convivenza civile!”
Per questo “non abbiate paura di impegnarvi a vivere insieme l’esperienza di fede! Vogliate bene alla Chiesa: vi ha dato la fede, vi ha fatto conoscere Cristo! E vogliate bene al vostro Vescovo, ai vostri Sacerdoti: con tutte le nostre debolezze, i sacerdoti: sono presenze preziose nella vita! … Cari giovani, conservate il vostro entusiasmo, la vostra gioia, quella che nasce dall’aver incontrato il Signore e sappiate comunicarla anche ai vostri amici, ai vostri coetanei!”.
Mercoledì scorso 30 giugno, invece, nell’Udienza generale, ha parlato di san Giuseppe Cafasso, patrono dei carcerati (nel 150° della morte), una “bella, grande, complessa, ricca figura di sacerdote”. Fu sempre vicino agli ultimi, in particolare ai carcerati: “la sua semplice presenza faceva del bene, rasserenava, toccava i cuori induriti dalle vicende della vita e soprattutto illuminava e scuoteva le coscienze indifferenti”.
Un formatore di preti (tra cui don Bosco): “il suo insegnamento non era mai astratto, basato soltanto sui libri che si utilizzavano in quel tempo, ma nasceva dall’esperienza viva della misericordia di Dio e dalla profonda conoscenza dell’animo umano acquisita nel lungo tempo trascorso in confessionale e nella direzione spirituale.”
Gian Paolo Cassano
Comments are closed, but trackbacks and pingbacks are open.