LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano
Dopo Cassano allo Jonio ecco Campobasso. Papa Francesco si fa ancora pellegrino in terra molisana, sabato scorso 5 luglio. La prima tappa è stata presso l’Università del Molise dove ha parlato del corretto sfruttamento della terra, della dignità del lavoro, della famiglia, della centralità della domenica. Lavorare la terra “per vocazione”: infatti “il restare del contadino sulla terra non è rimanere fisso, è fare un dialogo, un dialogo fecondo, un dialogo creativo. E’ il dialogo dell’uomo con la sua terra che la fa fiorire, la fa diventare per tutti noi feconda. Questo è il peccato nostro: di sfruttare la terra e non lasciare che lei ci dia quello che ha dentro, con il nostro aiuto della coltivazione”. Poi ha posto l’accento su un’altra sfida fondamentale: il lavoro, il cui svolgimento, però, deve lasciare il giusto tempo per la famiglia, in cui giocare, “perdere tempo” con i bambini. “E all’interno di questo ambito si colloca anche la questione della domenica lavorativa, che non interessa solo i credenti, ma interessa tutti, come scelta etica. La domenica libera dal lavoro – eccettuati i servizi necessari – sta ad affermare che la priorità non è all’economico, ma all’umano, al gratuito, alle relazioni non commerciali ma familiari, amicali, per i credenti alla relazione con Dio e con la comunità. Forse è giunto il momento di domandarci se quella di lavorare alla domenica è una vera libertà”. Quindi ha chiesto “che possa attuarsi un patto per il lavoro”, mai disgiungendo il binomio lavoro – dignità: “non avere lavoro non è soltanto non avere il necessario per vivere, no. Noi possiamo mangiare tutti i giorni, ma questo non è il problema. Il problema è non portare il pane a casa: questo è grave, e questo toglie la dignità! Questo toglie la dignità. Per questo dobbiamo lavorare e difendere la nostra dignità, che dà il lavoro”.
Celebrando poi l’Eucaristia nell’ex stadio Romagnoli di Campobasso Francesco ha sottolineato che tutti siamo chiamati a vivere “il servizio della carità” nelle realtà ordinarie, in famiglia come in parrocchia e al lavoro: “la testimonianza della carità è la via maestra dell’evangelizzazione. In questo la Chiesa è sempre stata ‘in prima linea’, presenza materna e fraterna che condivide le difficoltà e le fragilità della gente. In questo modo, la comunità cristiana cerca di infondere nella società quel ‘supplemento d’anima’ che consente di guardare oltre e di sperare”. Il Papa ha incoraggiato tutti “a perseverare su questa strada, servendo Dio nel servizio ai fratelli, e diffondendo dappertutto la cultura della solidarietà”. Di questo impegno c’è tanto bisogno “di fronte alle situazioni di precarietà materiale e spirituale, specialmente di fronte alla disoccupazione, una piaga che richiede ogni sforzo e tanto coraggio da parte di tutti”.
Al centro “c’è la dignità della persona umana” che “è immagine di Dio”. La vera libertà “la dà sempre il Signore: la libertà anzitutto dal peccato, dall’egoismo in tutte le sue forme: la libertà di donarsi e di farlo con gioia, come la Vergine di Nazareth che è libera da sé stessa”. Questa “è la libertà che ci ha donato Dio, e noi non dobbiamo perderla: la libertà di adorare Dio, di servire Dio e di servirlo anche nei nostri fratelli”. E’ quella “che, con la grazia di Dio, sperimentiamo nella comunità cristiana, quando ci mettiamo al servizio gli uni degli altri. Senza gelosie, senza partiti, senza chiacchiere… Servirci gli uni gli altri, servirci! Allora il Signore ci libera da ambizioni e rivalità, che minano l’unità della comunione. Ci libera dalla sfiducia, dalla tristezza – questa tristezza è pericolosa, perché ci butta giù; è pericolosa, state attenti!”
Dopo la Messa, il Pontefice si è recato nella Cattedrale di Campobasso dove ha salutato e abbracciato alcuni malati e disabili, pranzando poi con i poveri assistiti dalla Caritas, inaugurando la nuova “Casa degli Angeli”.
Nel pomeriggio a Castelpetroso, incontrando i giovani è tornato sul tema della disoccupazione, una piaga che colpisce particolarmente i giovani e che rischia di togliere loro ogni speranza: “è triste trovare giovani ‘né-né’: cosa significa, questo ‘né-né’? Né studiano, perché non possono, non hanno la possibilità, né lavorano. E questa è la sfida che comunitariamente tutti noi dobbiamo vincere. Dobbiamo andare avanti per vincere questa sfida! Non possiamo diventare rassegnati di perdere tutta una generazione di giovani che non hanno la forte dignità del lavoro!”
Altro momento intenso di questa visita pastorale, nel carcere di Isernia è stato l’incontro con i detenuti, un segno in più di come questo viaggio pastorale sia dedicato in modo particolare agli ultimi tra gli ultimi. Il carcere, luogo vivo, fatto di sofferenza, ma anche di speranza. “Tutti facciamo sbagli nella vita. E tutti dobbiamo chiedere perdono di questi sbagli e fare un cammino di reinserimento, per non farne più. Alcuni fanno questa strada a casa propria, nel proprio mestiere; altri, come voi, in una casa circondariale … e anche, tutti, siamo peccatori. E quando andiamo a chiedere perdono al Signore dei nostri peccati, dei nostri sbagli, Lui ci perdona sempre, non si stanca mai di perdonare. Ci dice: ‘Torna indietro da questa strada, perché non ti farà bene andare su questa’. E ci aiuta. E questo è il reinserimento, il cammino che tutti dobbiamo fare”.
La visita si è conclusa con l’incontro con la cittadinanza nella piazza della Cattedrale di Isernia, dove ha anche indetto l’Anno giubilare Celestiniano. Ricordando papa Celestino V ne ha evidenziato “un senso fortissimo della misericordia di Dio”, come san Francesco; entrambi, si sono affidati “alla Provvidenza del Padre” e “hanno sentito il bisogno di dare al popolo la cosa più grande, la ricchezza più grande: la misericordia del Padre, il perdono” che “non è solo qualcosa di devozionale, di intimo, un palliativo spirituale, una sorta di olio, che ci aiuta ad essere più soavi, più buoni. No! E’ la profezia di un mondo nuovo, misericordia è profezia di un mondo nuovo in cui i beni della terra e del lavoro siano equamente distribuiti e nessuno sia privo del necessario, perché la solidarietà e la condivisione sono la conseguenza concreta della fraternità”. Non si tratta di una fuga dalla realtà ma è “la risposta che viene dal Vangelo” che “non è quella del mondo”: e poiché “sappiamo che siamo peccatori” e che siamo sempre tentati di non seguirla, “ci affidiamo alla misericordia di Dio” e ci impegniamo a compiere frutti di conversione e di misericordia: “queste due cose: convertirsi e fare opere di misericordia. Questa è proprio la musica, per così dire, di quest’anno, di quest’anno giubilare, di questo anno Celestiniano”.
Gian Paolo Cassano
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