LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO
a cura di Gian Paolo Cassano
“Mai più la guerra! Mai più la guerra! La pace è un dono troppo prezioso, che deve essere promosso e tutelato”. Lo ha ribadito con forza il Papa all’Angelus di domenica 1 settembre. Da qui l’invito esteso a tutti gli uomini di buona volontà a partecipare ad una Giornata di preghiera e digiuno per la pace in Siria, in Medio Oriente e nel mondo intero il 7 settembre, con un appuntamento in piazza San Pietro, dalle ore 19 alle ore 24 “per invocare da Dio questo grande dono (…) L’umanità ha bisogno di vedere gesti di pace e di sentire parole di speranza e di pace”. E’ “il grido della pace” che “sale da ogni parte della Terra, da ogni popolo, dal cuore di ognuno, dall’unica grande famiglia che è l’umanità”, con il cuore ferito “da quello che sta accadendo in Siria, e angosciato per i drammatici sviluppi che si prospettano”. Ferma è la parola di Francesco nel condannare “l’uso delle armi chimiche” poiché “c’è un giudizio di Dio e anche un giudizio della Storia sulle nostre azioni a cui non si può sfuggire!” Forte poi è l’ammonimento: “Non è mai l’uso della violenza che porta alla pace”, perché “guerra chiama guerra, violenza chiama violenza! Con tutta la mia forza chiedo alle parti in conflitto di ascoltare la voce della propria coscienza, di non chiudersi nei propri interessi ma di guardare all’altro come ad un fratello e di intraprendere con coraggio e decisione la via dell’incontro e del negoziato, superando la cieca contrapposizione”.
Tocca alla comunità internazionale compiere ogni sforzo, promuovere senza indugio iniziative chiare per la pace, basate sul dialogo e sul negoziato; ma anche ognuno può fare qualcosa perché “non è la cultura dello scontro, la cultura del conflitto quella che costruisce la convivenza nei popoli e tra i popoli”, ma quella “del dialogo, questa è l’unica strada per la pace. Il grido della pace si levi alto, perché giunga al cuore di tutti e tutti depongano le armi e si lascino guidare da un anelito di pace”.
Ha infine poi ricordato due “esemplari testimoni del Vangelo”: il sacerdote martire Vladimir Ghika, beatificato sabato 31 agosto a Bucarest e il prelato ordinario Antonio Franco, vissuto tra ‘500 e ‘600, beatificato lunedì 2 settembre a Siracusa.
Ma già domenica 25 agosto il Pontefice aveva rivolto un accorato appello alla fine delle violenze in Siria dove, in due anni e mezzo ci sono stati oltre 100.000 morti con oltre 4 milioni di profughi (un quinto della popolazione): “l’aumento della violenza in una guerra tra fratelli, con il moltiplicarsi di stragi e atti atroci, che tutti abbiamo potuto vedere anche nelle terribili immagini di questi giorni, mi spinge ancora una volta a levare alta la voce perché si fermi il rumore delle armi. Non è lo scontro che offre prospettive di speranza per risolvere i problemi, ma è la capacità di incontro e di dialogo”.
Riflettendo sul Vangelo domenicale che Gesù è la porta per cui entrare: “Lui è la porta, il passaggio per la salvezza. Lui ci conduce al Padre. E la porta che è Gesù non è mai chiusa, questa porta non è mai chiusa, è aperta sempre e a tutti, senza distinzione, senza esclusioni, senza privilegi.” Perché “Gesù non esclude nessuno.” Egli ci aspetta per abbracciarci, per perdonarci … “Non avere paura: Lui ti aspetta. Animati, fatti coraggio per entrare per la sua porta”. Per tutti l’invito è ad entrare “a varcare questa porta, a varcare la porta della fede, ad entrare nella sua vita, e a farlo entrare nella nostra vita, perché Lui la trasformi, la rinnovi, le doni gioia piena e duratura”. Sia Gesù ad illuminare la nostra vita “con una luce che non si spegne più. Non è un fuoco d’artificio, non è un flash: no. E’ una luce tranquilla che dura sempre e ci da pace. Così è la luce che incontriamo se entriamo per la porta di Gesù”.
Occorre però “riconoscerci peccatori, bisognosi della sua salvezza, del suo perdono, del suo amore, di avere l’umiltà di accogliere la sua misericordia e farci rinnovare da Lui” per “vivere e testimoniare la fede nella preghiera, nelle opere di carità, nel promuovere la giustizia, nel compiere il bene. Per la porta stretta che è Cristo deve passare tutta la nostra vita”.
Gian Paolo Cassano
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