LA PAROLA DI PAPA BENEDETTO
a cura di Gian Paolo Cassano
Nell’udienza del 19 maggio Benedetto XVI ha richiamato il messaggio di Fatima, “consolante”, non di paura “incentrato sulla preghiera, sulla penitenza e sulla conversione, che si proietta oltre le minacce, i pericoli e gli orrori della storia, per invitare l’uomo ad avere fiducia nell’azione di Dio, a coltivare la grande Speranza, a fare esperienza della grazia del Signore per innamorarsi di Lui, fonte dell’amore e della pace”. “Un’esperienza toccante e ricca di doni spirituali”; così il Papa ha parlato del suo viaggio apostolico in Portogallo. “Mi sono sentito – ha aggiunto – spiritualmente sostenuto dal mio amato predecessore, il venerabile Giovanni Paolo II, che si è recato per tre volte a Fatima, ringraziando quella ‘mano invisibile’ che lo ha liberato dalla morte nell’attentato del tredici maggio”. A Fatima ci si immerge in “un’atmosfera di reale misticismo, nella quale si avverte in maniera quasi palpabile la presenza della Madonna” e la preghiera del Rosario “tanto cara al popolo cristiano ha trovato in Fatima un centro propulsore per tutta la Chiesa ed il mondo … Potremmo dire che Fatima e il Rosario siano quasi un sinonimo”.
Domenica 23 maggio, nella S.Messa di Pentecoste in San Pietro, Benedetto XVI ha riaffermato come “l’unità è il segno di riconoscimento, il ‘biglietto da visita’ della Chiesa nel corso della sua storia universale”. La Chiesa è nello stesso tempo “una e molteplice” essendo costituita dalla duplice dimensione di “unità e universalità”. Qui è possibile cogliere “un criterio pratico di discernimento per la vita cristiana”: infatti se ci “si chiude nel proprio modo di pensare e di agire, è segno che si è allontanata dallo Spirito Santo.” Ma “l’unità creata dallo Spirito Santo” non è “una specie di egualitarismo”. La Chiesa non impone l’unità, come vuole il modello di Babele con l’imposizione di una cultura dell’unità: “l’unità dello Spirito si manifesta nella pluralità della comprensione”. Così la Chiesa guarda oltre gli orizzonti geografici e “supera muri e barriere”: essa “non rimane mai prigioniera – ha sottolineato Benedetto XVI – di confini politici, razziali e culturali; non si può confondere con gli Stati e neppure con le Federazioni di Stati, perché la sua unità è di genere diverso e aspira ad attraversare tutte le frontiere umane”.
Lo Spirito si manifesta come fuoco che dà ai discepoli “il nuovo ardore di Dio” per rinnovare la faccia della terra, ben diverso “da quello delle guerre e delle bombe!” Il fuoco di Dio “fa emergere la parte migliore e più vera dell’uomo, come in una fusione fa emergere la sua forma interiore, la sua vocazione alla verità e all’amore”, un fuoco che trasforma consumando le scorie che corrompono l’uomo “e lo ostacolano nelle sue relazioni con Dio e con il prossimo.” E’ un fuoco che “arde ma non brucia”, operando una trasformazione: deve infatti “consumare qualcosa nell’uomo”. E’ un effetto che spaventa, perché si ha “paura di essere scottati” si ha “paura delle conseguenze che ciò comporta”, perché “molte volte la nostra vita è impostata secondo la logica dell’avere, del possedere e non del donarsi.”
Di qui l’incoraggiamento del Papa: “dobbiamo lasciare che la sua presenza e la sua grazia trasformino il nostro cuore, sempre soggetto alle debolezze umane. Dobbiamo saper riconoscere che perdere qualcosa, anzi, se stessi per il vero Dio, il Dio dell’amore e della vita, è in realtà guadagnare, ritrovarsi più pienamente …. Vale dunque la pena di lasciarsi toccare dal fuoco dello Spirito Santo!”
Al Regina Coeli Benedetto XVI ha ricordato la beatificazione di Teresa Manganiello ed ha invitato a pregare per la Cina. Ha poi sottolineato che la Chiesa “vive costantemente della effusione dello Spirito Santo” conoscendo innumerevoli “pentecoste”, come il Concilio Vaticano II, poiché non c’è “Chiesa senza Pentecoste” e “non c’è Pentecoste senza la Vergine Maria”.
Gian Paolo Cassano
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