LA PAROLA DI PAPA BENEDETTO
a cura di Gian Paolo Cassano
Come un fulmine a ciel sereno lunedì 11 febbraio è ribalzata su tutti i media mondiali la notizia della rinuncia del Papa al ministero petrino a partire dalle 20 del prossimo 28 febbraio. “Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando”. Tuttavia, riconosce con franchezza, “nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di San Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato”.
Domenica 10 febbraio, all’Angelus, ha invitato a non scoraggiarsi mai “nell’annunciare Cristo a tutti gli uomini fino ai confini del mondo”, senza scoraggiarsi per gli insuccessi e le difficoltà: “a noi spetta gettare le reti con fede, il Signore fa il resto”. E’ questa “la pedagogia della chiamata di Dio, che non guarda tanto alle qualità degli eletti, ma alla loro fede”. Infatti “è opera di Dio” la vocazione al sacerdozio e alla vita consacrata: “l’uomo non è autore della propria vocazione, ma è risposta alla proposta divina; e la debolezza umana non deve far paura se Dio chiama. Bisogna avere fiducia nella sua forza che agisce proprio nella nostra povertà; bisogna confidare sempre più nella potenza della sua misericordia, che trasforma e rinnova”.
Nell’Udienza generale di mercoledì 6 febbraio Benedetto XVI ha proseguito la sua riflessione sulle parole iniziali del Credo, fermandosi ferma sulle sei parole del Credo che definiscono Dio “Creatore del cielo e della terra” e attraverso di esse sfogliando il Libro della Genesi, in confronto con la scienza e la tecnica. Ora la Bibbia “non è un manuale di scienze naturali” e “la verità fondamentale che i racconti della Genesi ci svelano è che il mondo non è un insieme di forze tra loro contrastanti, ma ha la sua origine e la sua stabilità nel Logos, nella Ragione eterna di Dio, che continua a sorreggere l’universo (…) Credere che alla base di tutto ci sia questo, illumina ogni aspetto dell’esistenza e dà il coraggio di affrontare con fiducia e con speranza l’avventura della vita”. La Genesi ci aiuta a “conoscere il progetto di Dio sull’uomo … fatto a immagine e somiglianza di Dio. Tutti allora portiamo in noi l’alito vitale di Dio e ogni vita umana – ci dice la Bibbia – sta sotto la particolare protezione di Dio. Questa è la ragione più profonda dell’inviolabilità della dignità umana contro ogni tentazione di valutare la persona secondo criteri utilitaristici e di potere”. Questa straordinaria identità (fatto “a immagine e somiglianza” di Dio) fa si che l’uomo debba “riconoscere il mondo non come proprietà da saccheggiare e da sfruttare, ma come dono del Creatore, segno della sua volontà salvifica, dono da coltivare e custodire, da far crescere e sviluppare nel rispetto, nell’armonia, seguendone i ritmi e la logica, secondo il disegno di Dio”. Non si può però dimenticare la “ferita” del “peccato originale” che Cristo ha sanato, riportando l’umanità alla piena unità con Dio. Rimane però sempre la tentazione “di costruirsi da soli il mondo in cui vivere, di non accettare i limiti dell’essere creatura, i limiti del bene e del male, della moralità”. Così l’uomo “rinnega la sua origine e dunque la sua verità; e il male entra nel mondo, con la sua penosa catena di dolore e di morte.” Di qui l’invito ad una vita di fede che “vuol dire riconoscere la grandezza di Dio e accettare la nostra piccolezza, la nostra condizione di creature lasciando che il Signore la ricolmi del suo amore e così cresca la nostra vera grandezza”.
Gian Paolo Cassano
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