“In quel tempo, quando la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: (…) «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mose che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!»”. (Gv 6,24.30-35)
Continuiamo la lettura domenicale di Gv 6 (noto come il discorso del “pane di vita”). Per cogliere la centralità del Signore che si offre a noi come Pane che sazia la nostra vita, mi fermo su uno degli straordinari mosaici della parete sinistra di quel singolare museo musivo contenuto in S. Apollinare nuovo a Ravenna.
Nella scena evangelica c’è Gesù in posizione centrale con quattro discepoli, in uno schema, solito nell’arte paleocristiana ed in particolare nei sarcofagi del IV secolo. E’ un composizione sintetica, segnata dal gusto della simmetria. Al centro c’è Gesù, in abiti regali, vestito con la tunica ed il pallio di porpora con il nimbo crociato e gemmato, mentre sta benedicendo i pani ed i pesci portati dagli apostoli. in posizione frontale, con le braccia stese, a forma di croce, alludendo alla salvezza che ci porta con la sua morte e risurrezione, per la vita del mondo
Dalle capigliature è possibile riconoscere alcuni apostoli: a destra (di chi guarda) Pietro, con barba e capelli bianchi ed Andrea con i capelli scarmigliati ed arruffati (tipici della loro iconografia) stanno porgendo i pesci al Maestro, mentre, dall’altra parte, sono probabilmente Giacomo e Giovanni a presentare i pani: le mani sono velate, poiché, come si usava nell’antico cerimoniale di corte, nulla si porgeva all’imperatore a mani nude.
I pani sono quattro, e non cinque, perché l’artista vuole che si legga la stessa mano del Signore come il quinto pane: un chiaro rinvio a riconoscere in Gesù il pane della vita, in riferimento all’Eucaristia. Da notare come l’opera stia di fronte al riquadro dell’Ultima cena, con un rinvio reciproco tra le due immagini, che alludono all’Eucaristia, al dono della vita di Gesù.