“Attraverso il deserto Dio ci guida alla libertà”. Così si esprime il Pontefice nel suo Messaggio per la Quaresima 2024, come il tempo di grazia in cui il deserto torna ad essere il luogo del primo amore (cfr. Os, 2,26-27), il luogo dove il popolo di Dio riceve i comandamenti “accentuando la forza d’amore con cui Dio educa il suo popolo”.
Così la Quaresima può essere colta come (così è stato per Israele) il cammino dell’esodo verso la libertà, dalla schiavitù che oggi si può leggere nella diffusa mancanza di speranza, nel vagare “senza una terra promessa verso cui tendere insieme”. Il tempo forte quaresimale è un’occasione per iniziare un cammino di libertà il cui primo passo è voler “vedere la realtà”. Di fronte al “grido di tanti fratelli e sorelle oppressi” occorre chiedersi se questo grido arriva anche a noi. Se abbiamo ceduto all’indifferenza, dobbiamo confessare che “ancora oggi siamo sotto il dominio del Faraone” (…) Infatti, sebbene col battesimo la nostra liberazione sia iniziata, rimane in noi una inspiegabile nostalgia della schiavitù. È come un’attrazione verso la sicurezza delle cose già viste, a discapito della libertà.” Il dominio che ci opprime spegne perfino il desiderio di un cambiamento del mondo in cui viviamo. C’è un deficit di speranza, oggi che va denunciato, un “impedimento a sognare”.
Se questa è la realtà, l’altra certezza è che “Dio non si è stancato di noi” e ci vuole ancora condurre alla libertà: la Quaresima “è tempo di conversione, tempo di libertà”, in cui maturare una personale decisione di non ricadere più schiavi.
C’è poi il laccio degli idoli a tenerci legati. “Possiamo attaccarci così al denaro, a certi progetti, idee, obiettivi, alla nostra posizione, a una tradizione, persino ad alcune persone. Invece di muoverci, ci paralizzeranno. Invece di farci incontrare, ci contrapporranno. Esiste però una nuova umanità, il popolo dei piccoli e degli umili che non hanno ceduto al fascino della menzogna.” Per questo è tempo di fermarci in preghiera alla presenza di Dio e fermarci, come il Samaritano, alla presenza del fratello ferito. E’ un “movimento di apertura e di svuotamento” di sé che si esprime nella preghiera, nell’elemosina e nel digiuno. Davanti a Dio ci riscopriamo tutti fratelli e sorelle, “invece di minacce e di nemici, troviamo compagne e compagni di viaggio. È questo il sogno di Dio, la terra promessa verso cui tendiamo, quando usciamo dalla schiavitù”. Così, all’interno del percorso sinodale la Quaresima, è anche un “tempo di decisioni comunitarie”, che incidano sul luogo che abitiamo attraverso piccole e grandi scelte. E offre alcune indicazioni concrete, invitando ad offrire ai fedeli “momenti in cui ripensare gli stili di vita; darsi il tempo per verificare la propria presenza nel territorio e il contributo a renderlo migliore.” Così “nella misura in cui questa Quaresima sarà di conversione, allora, l’umanità smarrita” vedrà “il balenare di una nuova speranza”. Lo diceva già quest’estate ai giovani a Lisbona: “Cercate e rischiate, cercate e rischiate. In questo frangente storico le sfide sono enormi, gemiti dolorosi. Stiamo vedendo una terza guerra mondiale a pezzi. Ma abbracciamo il rischio di pensare che non siamo in un’agonia, bensì in un parto; non alla fine, ma all’inizio di un grande spettacolo”.