La bellezza nella Parola

Vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo». (Mc 1,4-8)

La liturgia nella seconda domenica di Avventa ci presenta la figura di san Giovanni Battista, il precursore di Gesù. Propongo la riflessione, tra le tante opere dedicate, attraverso ad un quadro di Michelangelo Meriti (Caravaggio) che realizzò almeno otto dipinti con questo tema.

La tela che prendo in esame (seppure qualcuno la attribuisca ad un suo giovane allievo, Bartolomeo Cavarozzi) è conservata nella collezione del Museo Tesoro Catedralicio di Toledo (in Spagna), eseguita nel 1598.  Si rifà agli inizi della sua predicazione, dopo aver lasciato la casa dei genitori, andando nel deserto a vivere nella penitenza e nella preghiera.

E’ ambientato in una grotta, simbolo di solitudine e di assenza di comodità, ma anche di purezza e autenticità interiore, dove su uno sfondo di belle verdi viti e di steli spinosi emerge la figura di Giovanni, con lo sguardo rivolto verso il basso, in atto di profonda e intima meditazione, in un’atmosfera di introspezione. La scelta di Caravaggio è piuttosto insolita, poiché Giovanni finora (con l’eccezione di Leonardo ed Andrea del Sarto) era rappresentato come bambino in compagnia di Gesù (talvolta accompagnato da Maria) oppure come un adulto (con la barba), specie nell’atto di battezzare Cristo. Qui è giovane, sbarbato, bello, seduto su un mantello rosso, elemento comune nelle opere di Caravaggio, avente molti precedenti nell’arte rinascimentale. Alcuni dati tipici della sua iconografia sono certamente presenti: una croce astile, di esili canne, un agnello, seduto ai suoi piedi, che sta osservando, una presenza, seppure minimale, del vestito di peli di cammello.  Le foglie di vite dietro la figura, e le piante e il suolo intorno ai suoi piedi, sono dipinti con accurato, quasi fotografico, senso del dettaglio; la vite riportano al vino dell’Ultima Cena e all’Eucaristia, le spine alla Corona della Passione di Gesù e l’agnello (suo principale attributo iconografico) che indica al Giordano, richiamando il sacrificio pasquale di Cristo.