LA BELLEZZA NELLA PAROLA

“Un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: ‘Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?’. Gli rispose: ‘Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente’ Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: ‘Amerai il tuo prossimo come te stesso’. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti”. (Mt 22,35-40)

A commentare il comandamento fondamentale dell’amore verso Dio e verso il prossimo mi servo di uno dei capolavori di Giorgio De Chirico (1922, conservato al Museo del Novecento di Milano). In realtà l’opera mette in rilievo la misericordia del Padre verso il figlio prodigo, ma ci aiuta a ben comprendere il senso dell’amore.

Il quadro, che appartiene al periodo metafisico dell’autore, è ambientato in una piazza, delimitata a destra da un edificio porticato e aperta a sinistra su un lontano paesaggio. Si impone la visione in primo piano dell’abbraccio tra il figlio, rappresentato da un manichino senza volto (ricorrente nella pittura di De Chirico), vivacemente colorato, e il proprio padre, dipinto come una rigida statua di gesso.  Il manichino si caratterizzò fin dal principio come una metafora dell’artista creatore, una sorta di suo doppio inquietante.

Il padre è visto di spalle mentre il figlio è immaginato come uno dei suoi tipici manichini: creature a metà strada tra geometria e fantascienza. Quasi dei robot riemersi dall’antichità. Ma quello che colpisce in questo quadro è un accento imprevisto che fa breccia nella pittura inattuale e molto mentale di De Chirico. È un duplice gesto: quello del padre e del figlio che si mettono reciprocamente la mano sulla spalla.  Due figure che giganteggiano, sproporzionate rispetto all’ambiente che li circonda perché è l’amore che vince tutto.  Nel quadro di De Chirico il gesto si carica di qualcosa di inatteso. Infatti i due si fronteggiano, con un gesto reciproco e “guidato” della mano sulla spalla dell’altro, un gesto semplice, reso in modo denso di commozione. In particolare la mano del padre, che sembra quasi pesare sulla spalla del figlio, vale più di un abbraccio. In quel gesto il desiderio di tirare a sé il figlio, la felicità perché quel desiderio si sta attuando, convivono con la fatica, con il dolore accumulato. Forse è per questo che De Chirico dipinge il padre dandogli una sagoma umana, ferma, molto corporea e insieme pura in quel suo biancore.

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