LA BELLEZZA NELLA PAROLA

“Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.” (Mt 18, 27-30)

Mi fermo sulla seconda parte della parabola del servo spietato, così come la rappresenta Domenico Fietti (1619 ca, conservata alla Gemäldegalerie Alte Meister  di Dresda) molto noto in epoca barocca per la straordinaria vena naturalista delle sue opere che si rivela anche in quest’opera. L’artista aveva come modelli Giulio Romano, Caravaggio e Rubens, che ispirarono la sua pittura fatta da contrasti luminosi, colori intensi e pennellate ruvide

Il servo malvagio, il cui debito colossale era stato condonato si accanisce in modo violento su un compagno verso cui vantava un piccolissimo credito. Benché era appena stato perdonato, il servo malvagio è incapace lui stesso di perdonare.

E’ una composizione dai forti accenti emozionali raffigura perciò il momento clou dell’episodio che è riportato nel solo Vangelo di Matteo (18, 21-35).

La scena è ambientata originalmente in un interno porticato e con alcuni scalini, mentre un acceso contrasto luminoso accentua il rossore dei visi dei due contendenti: l’ingrato, col turbante, è reso nell’atto di stringere le mani intorno al collo del malcapitato collega; la vittima viceversa tenta di difendersi alla meno peggio. Il silenzio della scena, rimarcato dalla rigidità dei volumi dell’edificio, è squarciato dall’urlo lancinante della vittima che, rivolta verso l’osservatore, sembra voler catturare l’attenzione di un improbabile soccorritore piuttosto che implorare pietà al suo aggressore.

È particolarmente degno di nota il brano essenziale eppure efficace di natura morta, costituito dal lungo tralcio di vite (simbolo di Cristo e della fede cristiana) che si inerpica trai muri scrostati.

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