Intensa bellezza richiama l’opera di Francesco Bonsignori (Verona 1455-1519) conservata a Venezia alla Ca’ d’oro. L’interessante tempera su tela illustra un tema poco raffigurato nell’arte. Eloquente e calcolato è il gioco di mani e di sguardi, sempre rilevato come un dettato leonardesco anche se ormai i moti dell’anima avevano influenzato da tempo la pittura veneta e veronese.
Il giovane, più alto di Cristo, altero e silente, tiene lo sguardo basso e l’atteggiamento pensoso, come di chi sta subendo una sgradita lezione, mostrando con la mano sinistra il rotolo scritto dei comandamenti che sappiamo perfettamente eseguiti. La Madonna ci guarda, sembra ascolti e mediti invitandoci a considerare il verbo che si manifesta in quel singolare e figurato esempio di ago e cammello, intanto si chiude con la sinistra il celeste manto sul bianco velo. Cristo piega il giovane con o sguardo di fermo e pacato rimprovero e dalle labbra socchiuse si intravede la lingua che emette il noto verdetto. Straordinaria è la resa mimica del volto e non meno la mano destra che non sta benedicendo ma tra il dito indice e il pollice gli mostra quanto sia stretta la cruna dell’ago dove lui, il giovane ricco, non potrà mai passare. Il Vangelo dice che se ne andò muto e afflitto perché aveva molta ricchezza, come qui lo vediamo.
Abile è stato il pittore a mettere al centro la silhouette della mano quasi in controluce e lo spazio tra le due dita sembra pulsare, perché è il vertice del discorso al di sopra dell’inutile e chiuso rotolo delle leggi.
Fissiamo i nostri occhi ed il nostro cuore in Cristo che “essendo ricco, si fece povero per noi, affinché con la sua povertà noi fossimo arricchiti”. (2 Cor 8,9)
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