Parroco zelante nella carità, non abbandonò il gregge nel tragico periodo della seconda guerra mondiale, ma lo difese fino all’effusione del sangue. La sua testimonianza eroica ci aiuti ad affrontare con fortezza le prove della vita.” Così il Papa ha parlato, all’Angelus domenicale, di don Giovanni Fornasini, sacerdote e martire, che nel pomeriggio di domenica 26 settembre 2021 è stato proclamato beato.
Venne ucciso il 13 ottobre 1944 in “odium fidei” a soli 29 anni, dai nazifascisti mentre portava i sacramenti ai moribondi nel cimitero di San Martino di Caprara, luogo dell’ennesimo eccidio a Monte Sole, in cui si consumarono gli eccidi di Marzabotto. “Non è stato un super eroe – ha detto di lui don Angelo Baldassarri, responsabile del Comitato per la beatificazione – ma un esempio, anche per i giovani di oggi, di come si superano le difficoltà della vita.”
“Un profeta dell’inclusione – ha detto il card. Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle Cause dei santi – odiato dai banditori della discriminazione”.
Così il e delegato pontificio, ha definito la figura del nuovo beato, Giovanni Fornasini, sacerdote di Bologna che “fu l’angelo custode dei suoi parrocchiani dopo gli ecidi di Monte Sole, alla fine di settembre del 1944. “Curando gli sfollati – ha fatto notare nell’omelia per la beatificazione in San Petronio – non smise mai di pregare con la gente, nella Messa, con i Sacramenti e il Rosario. Soprattutto, moltiplicava gli sforzi per evitare ulteriore spargimento di sangue. Così, la violenza evitata alle pecorelle ha colpito il pastore, diventando odio alla sua mediazione sacerdotale.” Egli rappresenta tutti coloro “che sono vittime dell’ingiustizia e della prepotenza degli uomini”, rendendoci attenti da “una tentazione molto forte anche per noi cristiani: quella, cioè, d’intendere la religione come un appannaggio e l’adesione come una difesa degli interessi di gruppo”.
Don Giovanni Fornasini era nato a Pianaccio di Lizzano in Belvedere (BO) il 23 febbraio 1915. Entrato in Seminario nel 1931, fu ordinato diacono nel 1941 ed inviato a Sperticano in aiuto dell’anziano Arciprete. Ordinato sacerdote il 28 giugno 1942, venne nominato vicario parrocchiale nella stessa parrocchia. Morto l’Arciprete, nell’agosto dello stesso anno, il nuovo beato fu chiamato a succedergli nella guida della parrocchia. Nel tragico periodo dell’occupazione tedesca, trasformò la sua parrocchia in un “cantiere della carità”, mettendosi a disposizione di tutti coloro che necessitavano di soccorso, specialmente agli sfollati e alla gente rimasta in paese, tra cui molti anziani e bambini. Più volte era intervenuto presso i tedeschi per aiutare i prigionieri o per far rilasciare persone catturate ingiustamente. Durante l’eccidio di Monte Sole, si adoperò per alleviare le sofferenze della sua gente. Nel 1950 venne conferita la medaglia d’oro al valore civile alla sua memoria.
Riguardo al martirio materiale, fra il 28 e il 29 settembre 1944, vi fu la prima strage sul Monte Sole in cui furono sterminate 770 persone. Il 29 settembre, nel contesto delle vendette belliche naziste, il Servo di Dio fu imprigionato dalle SS ma venne rilasciato perché riconosciuto estraneo alla lotta partigiana. Il 13 ottobre 1944, un ufficiale delle SS invitò Don Fornasini a seguirlo in montagna per dare sepoltura ad alcune persone: lo accompagnò fino a San Martino di Caprara, ma da qui non fece più ritorno. Il suo corpo, venne recuperato nell’aprile 1945 dal fratello. Secondo la ricostruzione, la sua morte sarebbe avvenuta dopo un’agonia dovuta a maltrattamenti compiuti sulla sua persona.
Don Fornasini era avvertito come una presenza scomoda per l’autorità tedesca, che lo percepiva come un ostacolo al suo malvagio prestigio, per cui l’odium fidei fu la ragione prevalente dell’uccisione. Il suo assassinio fu motivato da una specifica avversione al ministero ed egli era consapevole dei rischi per la propria incolumità. Benché i sacerdoti della zona avessero ricevuto il permesso dell’Autorità ecclesiastica di abbandonare le canoniche per rifugiarsi in città, don Giovanni volle restare tra la sua gente, dando riparo in canonica a vari sfollati. La fama di martirio si diffuse subito e permane fino ad oggi, unita ad una certa fama di segni.
“È stato un sacerdote – afferma don Angelo Baldassarri, responsabile del Comitato per la beatificazione di don Giovanni Fornasini – che in tempo di guerra cerca di fare della sua parrocchia una comunità accogliente, attenta ai piccoli, ai ragazzi, al servizio, alla preghiera. Poi quando la guerra arriva in casa sente il desiderio e la necessità di aiutare tutti coloro che sono nelle situazioni di bisogno”. È una carità silenziosa, senza distinzioni, che alla fine lo compromette, lo espone ad essere giudicato dalle autorità come “uno che si immischia in cose che non sono sue”. Una carità, la sua, che fa sporcare le mani.
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