All’Udienza generale mercoledì 12 maggio il Papa, ritrovandosi con i fedeli (nel Cortile di San Damaso del Palazzo Apostolico), continuando la propria catechesi sulla preghiera, ha sottolineato che “la preghiera cristiana, come tutta la vita cristiana, non è una passeggiata. Nessuno dei grandi oranti che incontriamo nella Bibbia e nella storia della Chiesa ha avuto una preghiera comoda”. Ora “la preghiera certamente dona una grande pace, ma attraverso un combattimento interiore, a volte duro, che può accompagnare periodi anche lunghi della vita. Pregare non è una cosa facile e per questo noi scappiamo dalla preghiera.” Capita di fuggire dalla preghiera, ma, “quasi sempre, dopo aver rimandato la preghiera, ci accorgiamo che quelle cose non erano affatto essenziali, e che magari abbiamo sprecato del tempo. Il Nemico ci inganna così”. A volte “è una dura lotta tenere fede ai tempi e ai modi della preghiera” perché “il silenzio, la preghiera, la concentrazione sono esercizi difficili, e qualche volta la natura umana si ribella”. “I nemici peggiori della preghiera sono dentro di noi”. Sono i momenti difficili della vita di fede che qualche Santo chiama “la notte oscura”. Il Catechismo (cfr. nn. 2726-2728) li chiama così: “scoraggiamento dinanzi alle nostre aridità, tristezza di non dare tutto al Signore, poiché abbiamo ‘molti beni’, delusione per non essere esauditi secondo la nostra volontà, ferimento del nostro orgoglio che si ostina sulla nostra indegnità di peccatori, allergia alla gratuità della preghiera”. Il Papa ha poi ricordato la vicenda di un padre argentino che, appresa la notizia della gravità della salute della figlia, raggiunse la Basilica di Luján dove trascorse la notte in preghiera. “Il combattimento di quel padre nella preghiera precede un sorriso: quello della moglie che gli dice, una volta tornato a casa, che la figlia inspiegabilmente è guarita. “La Madonna lo ha ascoltato”, perché “la preghiera fa dei miracoli”. Nel tempo della tentazione, quando tutto sembra vacillare, “è bene ricordarsi che non siamo soli, che qualcuno veglia al nostro fianco e ci protegge”. Gesù è sempre con noi. “Se in un momento di cecità non riusciamo a scorgere la sua presenza, ci riusciremo in futuro. Capiterà anche a noi di ripetere la stessa frase che disse un giorno il patriarca Giacobbe: «Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo» (Gen 28,16). Alla fine della nostra vita, volgendo all’indietro lo sguardo, anche noi potremo dire: ‘Pensavo di essere solo, ma no, non lo ero: Gesù era con me’. Tutti potremo dire questo.”
Al Regina Coeli domenica 16 maggio, nella solennità dell’Ascensione, Francesco ha ricordato che Cristo rimane sempre con noi mostrando al Padre le piaghe con cui ci ha redenti. Commentando il Vangelo della solennità ha ricordato che non siamo testimoni abbandonati perché Cristo è con noi.
Non è una scena di addio ed i discepoli non sono “sconsolati, anzi, sono gioiosi e pronti a partire missionari nel mondo”, perché “l’ascensione completa la missione di Gesù in mezzo a noi. Infatti, se è per noi che Gesù è disceso dal cielo, è sempre per noi che vi ascende.” Gesù che ha preso la nostra umanità e l’ha redenta, “ora ascende al cielo portando con sé la nostra carne. È il primo uomo che entra nel cielo, perché Gesù è uomo, vero uomo, è Dio, vero Dio; la nostra carne è in cielo e questo ci dà gioia.” Cristo “rimane per sempre con i discepoli, con noi. Rimane nella preghiera, perché Lui, come uomo, prega il Padre, e come Dio, uomo e Dio, Gli fa vedere le piaghe, le piaghe con le quali ci ha redenti.” Questa è una sicurezza, una grande gioia! Abbiamo un secondo motivo, per essere nella gioia, ed è la promessa fatta da Gesù: “Lui ci ha detto: Vi invierò lo Spirito Santo”. E lo Spirito Santo “che ha reso possibile che tutti noi siamo oggi così”, per andare a evangelizzare.” Al termine ha ricordato la beatificazione di sabato 15 maggio a Roma in San Giovanni in Laterano, del sacerdote Francesco Maria della Croce, fondatore dei religiosi Salvatoriani e delle religiose Salvatoriane. “Egli fu instancabile annunciatore del Vangelo, utilizzando ogni mezzo che la carità di Cristo gli ispirava. Il suo zelo apostolico sia di esempio e di guida a quanti nella Chiesa sono chiamati a portare la parola e l’amore di Gesù in ogni ambiente.” Ha inoltre espresso tutta la sua preoccupazione per quello che sta avvenendo in Terra Santa: “in nome di Dio che ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro (cfr. Documento Fratellanza Umana) faccio appello alla calma e, a chi ne ha responsabilità, di far cessare il frastuono delle armi e di percorrere le vie della pace, anche con l’aiuto della Comunità Internazionale.”
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