Sei nuovi beati martiri, non “eroi da fumetto” ma testimoni di Gesù. Sono stati solennemente proclamati sabato scorso 17 aprile nell’abbazia di Casamari con il rito presieduto dal card. Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Sei monaci beati della Congregazione Cistercense di Casamari, uccisi in odio alla fede nel 1799. Sono: padre Simeone M. Cardon, fra’ Maturino M. Pitri, padre Domenico M.Zavrel, fra’ Modesto M. Burgen, fra’ Albertino M. Maisonade, fra’ Zosimo M. Brambat. Il loro è un martirio “lontano nel tempo”, ma questo “non lo rende meno attuale”, perché essi “erano uomini fragili e timorosi: vulnerabili, come lo siamo un po’ tutti noi e come si mostra soprattutto questa fase di pandemia”.
Siamo in un periodo storico travagliato, nel gennaio 1799, quando Napoli viene occupata dalle truppe francesi e viene proclamata la Repubblica Partenopea. Il 13 maggio 1999 l’abbazia di Casamari viene occupata da un gruppo di venti soldati francesi che cercano oggetti preziosi da depredare. All’irrompere nel monastero, la maggior parte dei monaci cerca di mettersi in salvo, ma padre Simone Cardon e altri 5 religiosi cercano di difendere l’Eucaristia dalla profanazione. “Questi martiri – ha spiegato il card. Semeraro – non erano degli eroi ‘da fumetto’, ma delle persone normali. Erano uomini paurosi, come tutti noi lo siamo”. Non erano dei “guerrieri”, ma testimoni dell’amore di Gesù che ha detto ai suoi discepoli: “Non abbiate paura!”
Erano monaci che avevano valide motivazioni per lasciare il monastero: alcuni erano fuggiti dalla Francia repubblicana, altri avevano trovato rifugio a Casamari in un tempo segnato dalla violenza rivoluzionaria che aveva infiammato l’Europa…. “Essi – scrive p. Pierdomenico Volpi, Postulatore generale dell’ordine Cistercense – non ebbero nemmeno la ‘gioia’ di vivere il martirio. I martiri vedono nelle sofferenze la possibilità di versare il sangue per Cristo, di assomigliarli nella morte: nei sei religiosi di Casamari non ci fu niente di questo, ma solo incertezza, spavento e dolore; accolsero benevolmente il gruppo di soldati francesi, li rifocillarono e furono uccisi, come veri ‘martiri dell’accoglienza’, vissuti e morti nella semplicità.”
La testimonianza dei martiri di Casamari non è relegata nella storia, ma parla anche agli uomini di oggi. “Nessuno di noi – ha detto il card. Semeraro – potrà perseverare nella sequela di Cristo senza tribolazione, senza conflittualità, senza combattimento spirituale”. Infatti “la perfetta vita spirituale consiste nel conoscere l’amore infinito di Dio e conoscere al tempo stesso la nostra debolezza e convinti di questo, nell’ingaggiare la lotta spirituale per dare morte ai desideri disordinati e avere sempre fiducia nell’amore di Dio. È, dunque, da questa prospettiva che oggi la Parola del Signore ci chiede di guardare alla testimonianza dei nuovi Beati: la fiducia nella sua premurosa paternità.”
I martiri di Casamari già con la loro consacrazione monastica furono segno della presenza di Dio, completato generosamente dal loro martirio. Esso “è – ricorda il Catechismo della Chiesa cattolica al n. 2473 – la suprema testimonianza resa alla verità della fede; il martire è un testimone che arriva fino alla morte. Egli rende testimonianza a Cristo, morto e risorto, al quale è unito dalla carità. Rende testimonianza alla verità della fede e della dottrina cristiana. Affronta la morte con un atto di fortezza.” La loro testimonianza è anche “segno per la vita eterna” che si evidenzia nelle parole che padre Simeone, prima di morire, disse ai soccorritori: “Quando presi quest’abito ho rinunziato all’aiuto degli uomini. Sottomesso a Dio solo, non farò nulla per abbreviare la mia vita né per prolungarla”. Così che, ferito mortalmente, riuscì a nascondersi per tre giorni per poi incamminarsi alla volta di Boville Ernica, alla ricerca di un sacerdote che potesse amministragli gli ultimi sacramenti, ma, dovette fermarsi per via e, assistito da alcuni contadini, morì.
Dopo il martirio numerosi fedeli accorsero presso la tomba e parecchi ottennero grazie.
“I nostri martiri – aggiunge ancora p. Volpi – hanno accettato l’odio del mondo perché sapevano che tale odio era dovuto alla loro fede. Di alcuni di loro conosciamo solo il nome e qualche breve notizia, ma come è stato detto: «I martiri brillano come stelle, la loro testimonianza è forte, incoraggiante e diventa suprema testimonianza d’amore”.
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