Il clima politico-religioso in India non è facile: crescono le intolleranze nazionalistiche indù che penalizzano le minoranze, come quella cristiana. Un passaggio positivo si registra però con il pronunciamento della Corte suprema che ha respinto un ricorso presentato da un avvocato membro del partito nazionalista Bharatiya Janata Party (Bjp) che chiedeva l’introduzione di una legge nazionale per regolamentare le conversioni ad un’altra religione, confermando che qualsiasi cittadino maggiorenne è libero di scegliere la religione che vuole. Secondo la Corte, infatti, un simile provvedimento sarebbe incostituzionale, in quanto la Legge fondamentale indiana garantisce a ogni cittadino il diritto di professare, praticare e propagare la religione di sua scelta. “C’è un motivo – ha sentenziato il giudice – per cui la parola ‘propagare’ è scritta nella Costituzione”. La Chiesa indiana (come riporta Vatican news) ha espresso grande soddisfazione per una decisione che crea un importante precedente in un momento in cui diversi Stati indiani, sotto la spinta del partito di governo, stanno introducendo ulteriori giri di vite contro le cosiddette “conversioni forzate”.
La sentenza arriva “al momento giusto – ha detto padre Babu Joseph, ex portavoce della Conferenza episcopale (Cbci) – poiché i gruppi pro-indù chiedono a gran voce una legge nazionale per vietare le conversioni, accusando i missionari cristiani di usare mezzi fraudolenti per convertire i dalit poveri e i tribali”.
Finora otto Stati indiani hanno introdotto leggi anti-conversione, che spesso prendono di mira le minoranze musulmane e cristiane. Quattro di essi, l’Uttar Pradesh, l’Uttarakhand, il Madhya Pradesh e da ultimo il Gujarat, tutti a guida Bjp, hanno recentemente approvato ulteriori emendamenti che estendono il campo di applicazione della normativa esistente al matrimonio, con il pretesto di frenare il cosiddetto “Love Jihad”, termine coniato alcuni anni fa per demonizzare i matrimoni tra uomini musulmani e donne non musulmane. Se formalmente queste nuove leggi mirano a punire le conversioni fatte con la violenza o con l’inganno, di fatto, come denunciano i suoi detrattori, vengono utilizzate per criminalizzare tutte le conversioni e limitare la libertà religiosa delle minoranze.
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