“In quel tempo, (…) c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo (…) e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». (….) Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!». (Gv. 13, 20-21.28)
Ci stiamo avvicinando alla Pasqua ed in questa domenica (prima della Settimana Santa) la liturgia ci inviata a fissare gli occhi ed il cuore sul Salvatore. Per questo ripropongo ancora una volta un’opera di El Greco, il grande artista di origine ellenica che ha segnato profondamente il Seicento spagnolo che ci presenta il Volto di Gesù. E’ quel Volto che gli ebrei di cultura ellenistica desiderano vedere (come ricorda nel suo vangalo Giovanni) e che è chiamato alla gloria(come evidenzia la voce dall’alto) attraverso all’ignominia della croce.
E’ “Il Salvatore benedicente” (conservato a Reggio Emilia, nella Galleria Parmeggiani dei Musei civici), ma non è l’unica opera che Dominikos Theotokopoulos (questo è il vero nome di El Greco) dedica al volto di Cristo (un’analoga è al museo del Prado di Madrid ed una del tutto simile è a Toledo, dove morì nel 1614). Il Cristo Salvatore che, con la mano destra alzata benedice, secondo il gesto latino, e tiene la sinistra appoggiata sul globo (il mondo che il Signore, vero sacerdote viene a salvare), si rifà alla tradizione delle icone bizantine, grazie alla disposizione frontale, lo sguardo profondo e la forma romboidale del nimbo luminoso che circonda il capo, e che, inquadrando la testa del Redentore porta lo sguardo dello spettatore al volto di Cristo, da cui emana la luce proveniente dall’alto che staglia tutta la figura dall’oscurità del fondo. E’ il Cristo glorioso (non porta i segni della Passione), il sommo e definitivo sacerdote di cui il servizio degli antichi sacerdoti levitici è solo l’ombra. Così ci invita a leggere la lettera agli Ebrei (cfr. Eb 5,7-9- 2° lettura) che si abbina in questa domenica al brano evangelico con la richiesta di vedere Gesù, chiamato alla gloria.
L’autore mostra di aver compreso, in una profonda originalità, la lezione della luce di Caravaggio, dove il soggetto emerge su un fondo scuro e richiama quella struttura a triangolo (tipica di Leonardo) con un riferimento trinitario.
Il tema del Salvator Mundi è una costante nell’iconografia occidentale nei secoli XV e XVI e qui viene qui interpretato con una più scoperta allusione alla derivazione bizantina che El Greco contribuisce a portare in Occidente: si noti, ad esempio, l’allungamento della figura e la posa tipica del Pantocrator – anche se ha perso i riferimenti simbolici canonici.
Ai Qing, uno di quei poeti e scrittori cinesi influenzati da temi di ispirazione cristiana nel Novecento, scrive: “Gloria al figlio dell’uomo che va incontro al suo destino …/ non siate tristi, non siate dolenti!/ Io tornerò da solo/ al luogo da cui sono venuto..”
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