Dialogare con Dio è una grazia: lo ha ricordato il Papa all’Udienza generale di mercoledì 3 marzo, proseguendo il cammino di catechesi sulla preghiera che “ci spalanca alla Trinità e al mare immenso di Dio Amore”.
E’ “un Dio che ama l’uomo, noi non avremmo mai avuto il coraggio di crederlo, se non avessimo conosciuto Gesù”, che ci rivela in cuore di Dio “scolpito nella parabola del padre misericordioso, o in quella del pastore che va in cerca della pecora perduta”. Infatti “racconti del genere non avremmo potuto concepirli, nemmeno comprenderli, se non avessimo incontrato Gesù. Quale Dio è disposto a morire per gli uomini? Quale Dio ama sempre e pazientemente, senza la pretesa di essere riamato? Quale Dio accetta la tremenda mancanza di riconoscenza di un figlio che gli chiede in anticipo l’eredità e se ne va via di casa sperperando tutto?”
La paternità di Dio è “vicinanza, compassione e tenerezza”, perché è lo stile di Dio, il modo di esprimere la sua paternità. Non siamo degni, “non abbiamo alcun diritto da accampare, ‘zoppichiamo’ con ogni parola e ogni pensiero”… Però Gesù “è la porta che ci apre a questo dialogo con Dio”. Nessuno ama come il Signore. “Noi immaginiamo a fatica e molto da lontano l’amore di cui la Trinità Santissima è gravida, e quale abisso di benevolenza reciproca intercorra tra Padre, Figlio e Spirito Santo”.
Come “credere che questo amore divino si sarebbe dilatato, approdando sulla nostra sponda umana ?” Il Catechismo della Chiesa cattolica spiega: «La santa umanità di Gesù è la via mediante la quale lo Spirito Santo ci insegna a pregare Dio nostro Padre» (n. 2664).
“È questa la grazia della nostra fede” e “non potevamo sperare vocazione più alta: l’umanità di Gesù ha reso disponibile per noi la vita stessa della Trinità”.
Al termine ha ricordato il viaggio apostolico in Iraq (dal 5 all’8 marzo) ed ha lanciato un appello per il Myanmar.
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