Cesvi ha presentato il 12 ottobre scorso la 15° edizione dell’Indice Globale della Fame 2020. Ora, nonostante qualche miglioramento, la problematicità rimane elevata e l’Obiettivo Fame Zero sarà raggiungibile nel 2030 solo riesaminando i sistemi alimentari in modo equo, sano e rispettoso dell’ambiente. A causa della pandemia inoltre, potrebbero addirittura raddoppiare le persone esposte alla fame e all’indigenza (come riferisce Vatican news). L’Indice presenta un livello in miglioramento rispetto ad inizio secolo: nel 2000 infatti esso era grave, mentre oggi è moderato; tuttavia, in molte zone il progresso è troppo lento e la fame rimane acuta. La percentuale di persone denutrite nel mondo è dunque, da un punto di vista percentuale, stabile, ma il numero assoluto è, seppur lievemente, in aumento: nel 2019 la popolazione mondiale denutrita era pari all’8,9%, per un totale di 690 milioni di individui. Resta alto l’allarme fame e malnutrizione in numerosissime realtà:11 Paesi registrano livelli di fame “allarmanti” e sono addirittura 40 quelli che appartengono alla categoria “grave”. Secondo le agenzie delle Nazioni Unite sono quasi 700 milioni le persone denutrite, di cui 144 milioni di bambini che soffrono di arresto della crescita e 47 milioni di deperimento.
L’Asia meridionale e l’Africa a Sud del Sahara le regioni con i livelli di fame più elevata, rispettivamente con 230 e 255 milioni di persone denutrite. In queste aree, un bambino su tre soffre di arresto della crescita. L’Africa a sud del Sahara ha il più alto tasso di mortalità infantile al mondo, mentre l’Asia meridionale ha il più alto tasso mondiale di deperimento infantile. Venendo ai singoli Paesi, gli 11 in cui il livello della fame è allarmante, sono Ciad, Timor Est, Madagascar, Burundi, Comore, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Siria, Somalia, Sud Sudan e Yemen. “L’Indice Globale della Fame 2020 – sottolinea Gloria Zavatta, presidente di Cesvi, – mostra che la lotta alla fame globale deve essere sempre di più un impegno comune e una sfida sempre più urgente, resa ancora più complessa dalla pandemia di Covid-19 e dalle sempre più drammatiche conseguenze del cambiamento climatico”.
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