Una speranza di pace in Sudan. Infatti (come riferisce Vatican news), dopo 17 anni di violenze, lo scorso 3 ottobre il governo del Sudan e la maggioranza dei gruppi ribelli hanno firmato uno storico accordo di pace per porre fine ai combattimenti che hanno causato centinaia di migliaia di vittime. La fine della guerra è infatti tra le priorità del governo di transizione, guidato dal primo ministro Abdalla Hamdok, al potere dopo l’uscita di scena, l’anno scorso, dell’uomo forte del Sudan Omar al-Bashir.
L’accordo, ratificato nella capitale sud sudanese Juba, si è concentrato sulla risoluzione dei conflitti nella regione occidentale del Darfur e negli stati meridionali del Nilo Blu e del Kordofan meridionale e mira a unificare e pacificare le varie componenti etniche del Paese. La sigla ufficiale dell’intesa è arrivata a seguito un lungo negoziato, conclusosi a fine agosto, tra le autorità di transizione e il Fronte Rivoluzionario Sudanese (Srf) – una coalizione di numerose formazioni armate – e prevede questioni chiave relative a sicurezza, all’assegnazione della proprietà della terra, a riparazioni e risarcimenti, alla divisione dei poteri, al ritorno delle persone sfollate dai combattimenti, nonché lo smantellamento delle forze ribelli e la loro integrazione nell’esercito nazionale. Si tratta di un risultato di portata storica malgrado manchino le firme di due potenti gruppi ribelli, il Sudan Liberation Movement-Nord guidato da Abdel-Aziz al-Hilu, che ha comunque preso parte alle trattative, e il Sudan Liberation Movement-Army con a capo Abdel-Wahid Nour che invece non ha mai voluto sedersi al tavolo dei colloqui. Queste defezioni destano preoccupazione ma vale la pena sottolineare l’adesione dei gruppi della regione del Darfur occidentale, una delle aree più instabili dell’Africa. Il conflitto in Darfur ha infatti provocato dal 2003 almeno 300.000 morti e 2,5 milioni di sfollati. A fronteggiarsi furono gli arabi sostenuti dal governo e i gruppi etnici locali.
Anche i garanti dell’accordo, Ciad, Qatar, Egitto, Unione africana, Unione europea e Nazioni Unite hanno messo la loro firma. L’Alto rappresentante dell’Ue Josep Borrell ha parlato di “giornata storica” e ha sottolineato la portata dell’evento anche il segretario dell’Onu Antonio Guterres secondo il quale si tratta dell’inizio di una nuova era, che potrà contare sul pieno sostegno delle Nazioni Unite. Bisogna considerare infatti che il Paese è stato lacerato da diversi conflitti interni fin da dopo la sua indipendenza, nel 1956, inclusa la guerra del 1983-2005 che ha portato alla secessione della parte sud – a maggioranza cristiana e animista – che nel 2011 è diventata uno Stato indipendente, il Sud Sudan, a seguito di un referendum passato a larga maggioranza.
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