Domenica 12 luglio, all’Angelus, il Papa, commentando la parabola del seminatore (“un po’ la ‘madre’ di tutte le parabole, perché parla dell’ascolto della Parola”), ha ricordato che “ognuno di noi è un terreno su cui cade il seme della Parola” e “nessuno è escluso”. Ora “la Parola di Dio, simboleggiata dai semi, non è una Parola astratta, ma è Cristo stesso, il Verbo del Padre che si è incarnato nel grembo di Maria. Pertanto, accogliere la Parola di Dio vuol dire accogliere la persona di Cristo, lo stesso Cristo.”
Ci sono però “diversi modi di ricevere la Parola di Dio”. Si può farlo “come una strada, dove subito vengono gli uccelli e mangiano i semi.” E’ “un grande pericolo del nostro tempo”, per cui “assillati da tante chiacchiere, da tante ideologie, dalle continue possibilità di distrarsi dentro e fuori di casa, si può perdere il gusto del silenzio, del raccoglimento, del dialogo con il Signore, tanto da rischiare di perdere la fede, di non accogliere la Parola di Dio.” Si può invece “accogliere la Parola di Dio come un terreno sassoso, con poca terra”, dove “il seme germoglia presto, ma presto pure si secca, perché non riesce a mettere radici in profondità. È l’immagine di quelli che accolgono la Parola di Dio con l’entusiasmo momentaneo che però rimane superficiale, non assimila la Parola di Dio. E così, davanti alla prima difficoltà, pensiamo a una sofferenza, a un turbamento della vita, quella fede ancora debole si dissolve, come si secca il seme che cade in mezzo alle pietre”. Si può poi “accogliere la Parola di Dio come un terreno dove crescono cespugli spinosi”, dove “le spine sono l’inganno della ricchezza, del successo, delle preoccupazioni mondane… Lì la Parola cresce un po’, ma rimane soffocata, non è forte, muore o non porta frutto.” Si può invece ricevere il seme della Parola “come il terreno buono”, dove “il seme attecchisce e porta frutto. La semente caduta su questo terreno fertile rappresenta coloro che ascoltano la Parola, la accolgono, la custodiscono nel cuore e la mettono in pratica nella vita di ogni giorno.”
Francesco ha invitato poi a chiedersi quale tipo di terreno siamo. “Se vogliamo, con la grazia di Dio possiamo diventare terreno buono, dissodato e coltivato con cura, per far maturare il seme della Parola. Esso è già presente nel nostro cuore, ma il farlo fruttificare dipende da noi, dipende dall’accoglienza che riserviamo a questo seme. Spesso si è distratti da troppi interessi, da troppi richiami, ed è difficile distinguere, fra tante voci e tante parole, quella del Signore, l’unica che rende liberi.” Per questo ancora una volta il Pontefice ha esortato a portare sempre un Vangelo con sé per essere abituati “a leggere la Parola di Dio, e capire bene qual è il seme che Dio ti offre, e pensare con quale terra io lo ricevo.”
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