Lunedì 29 giugno, nella solennità dei S.S. Pietro e Paolo, all’Angelus, il Papa ha invitato ad affidare a Dio non solo i problemi, ma la vita stessa per poter ricevere “la grazia più grande, quella di donare la vita”. E’ il sogno del Padre per noi, invitandoci “ad andare oltre, a cercare non solo i suoi doni, ma Lui; ad affidargli non solo i problemi, ma la vita. Così può finalmente darci la grazia più grande, quella di donare la vita. Sì, donare la vita, la cosa più importante della vita è fare della vita un dono.” Questo “vale per tutti, per i genitori verso i figli e per i figli verso i genitori anziani; per chi è sposato e per chi è consacrato” ed ovunque, “a casa e al lavoro, e verso chiunque abbiamo vicino”. Al riguardo il Papa parla della solitudine di molti anziani, “lasciati soli dalla famiglia come se fossero materiale di scarto”. Il Vangelo ci aiuta a cogliere il percorso di Pietro come esempio per la nostra vita mettendo in evidenza il particolare dialogo con Cristo in cui l’Apostolo riconosce Gesù come il Dio vivente. Il segreto per avere una vita felice è riconoscere Gesù, “come Dio vivente. Perché non importa sapere che Gesù è stato grande nella storia, non importa apprezzare quel che ha detto o fatto: importa quale posto gli do io nella mia vita”. Così Simone non “fu chiamato ‘pietra’ perché era un uomo solido e affidabile”, ma perché “scelse di costruire la vita su Gesù; non (…) su ‘carne e sangue’, cioè su sé stesso, sulle sue capacità, ma su Gesù. È Gesù la roccia su cui Simone è diventato pietra.” Così dall’esempio di Pietro e di Paolo che “considerò spazzatura” tutto ciò che non parlava di Cristo, Francesco ha posto una serie di interrogativi per l’oggi. “Oggi, davanti agli Apostoli, possiamo chiederci: ‘E io, come imposto la vita? Penso solo ai bisogni del momento o credo che il mio vero bisogno è Gesù, che fa di me un dono? E come costruisco la vita, sulle mie capacità o sul Dio vivente?’. La Madonna, che si è affidata tutta a Dio, ci aiuti a metterlo alla base di ogni giornata.”
Per tutto il mese di luglio è sospesa l’udienza generale del mercoledì.
Domenica 5 luglio, all’Angelus, commentando il Vangelo domenicale ha invitato ad accogliere l’invito di Gesù a farsi “miti e umili” come Lui e di guardare agli affaticati e oppressi, da abbracciare e sfamare, come ai “costruttori della nuova umanità”. Nel Vangelo Gesù loda innanzitutto il Padre, perché ha rivelato ai poveri e ai semplici “i misteri del Regno dei cieli”, della sua Verità, nascondendoli “ai sapienti e ai dotti”. Infatti “la vera saggezza viene anche dal cuore, non è soltanto capire idee: la vera saggezza anche entra nel cuore. E se tu sai tante cose e hai il cuore chiuso, tu non sei saggio. I misteri di suo Padre, Gesù li dice rivelati ai «piccoli», a quanti cioè si aprono con fiducia alla sua Parola di salvezza, sentono il bisogno di Lui e attendono tutto da Lui.” Poi Gesù “svela il rapporto intimo e singolare che c’è tra Lui e il Padre”, affermando “l’unicità del suo rapporto con Lui”, di “totale reciprocità: l’uno conosce l’altro, l’uno vive nell’altro”. Cristo, però, “vuole donare quanto attinge dal Padre”, vuole donarci la sua Verità, che è “sempre è gratuita: è un dono, è lo Spirito Santo”. Per questo “invita ad andare a Lui e a seguirlo per trovare sollievo”. Gesù, allora, “mite e umile, non è un modello per i rassegnati né semplicemente una vittima, ma è l’Uomo che vive «di cuore» questa condizione in piena trasparenza all’amore del Padre, cioè allo Spirito Santo.”
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