Una svolta in Afghanistan, verso una pacificazione di questa terra tormentata. Infatti la lunga fase di stallo politico, iniziata dopo le elezioni presidenziali del settembre 2019 sembra risolversi. Il presidente, Ashraf Ghani, e il suo rivale, Abdullah Abdullah, hanno firmato un accordo per la condivisione del potere, dopo mesi di crisi politica, che hanno tenuto in sospeso i colloqui di pace con i talebani, i quali continuano a dare vita a violenze. In base all’intesa Ghani rimarrà alla presidenza del Paese, mentre Abdullah guiderà la Commissione di riconciliazione nazionale. Inoltre diversi membri del suo partito faranno parte del governo. Lo scorso 12 maggio un attentato suicida a Ghazni, nell’Afghanistan orientale, ha provocato la morte di 9 persone e il ferimento di altre 40. L’azione terroristica è avvenuta vicino a un compound della Direzione Nazionale della Sicurezza. Dietro questi episodi ci sono i talebani, che hanno rivendicato gli attacchi. Il fronte fondamentalista non ha mai smesso di ricorrere alla violenza, nonostante la firma a fine febbraio di un accordo con gli Stati Uniti che sanciva il ritiro di tutte le truppe straniere dal Paese entro quattordici mesi.
I continui atti di violenza con cui i fondamentalisti sembra vogliano dire di non essere propensi a intraprendere alcuna via diplomatica, optando per lo scontro frontale. Di fronte a questa situazione l’Afghanistan rischia l’isolamento e il caos totali. La speranza è che si realizzino i propositi dichiarati dopo l’intesa Ghani-Abdullah: realizzazione di un’amministrazione più inclusiva, responsabile e competente, assicurare una via certa per la pace, miglioramento della governance, protezione dei diritti e rispetto delle leggi e dei valori.
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