All’Udienza generale (Biblioteca del Palazzo apostolico) di mercoledì 20 maggio, il Pontefice, continuando il ciclo dedicato alla preghiera ha evidenziato come la Creazione generi in noi un canto di lode, “contenti semplicemente di esistere”. La vita, per il semplice fatto che esistiamo “apre il cuore dell’uomo alla preghiera”. La prima pagina in Genesi “assomiglia ad un grande inno di ringraziamento”, che racconta la Creazione ribandendo continuamente “la bontà e la bellezza di ogni cosa che esiste”. Dio, con la sola “sua parola, chiama alla vita, ed ogni cosa accede all’esistenza”. Separa la luce dalle tenebre, crea “la varietà delle piante e degli animali”, fino all’apparire dell’uomo, in un “eccesso di esultanza”. Qui “si vede la bellezza di tutto il Creato”, perché “la bellezza e il mistero della Creazione (citando il Catechismo) generano nel cuore dell’uomo il primo moto che suscita la preghiera”. Il salmista contempla “il mistero dell’esistenza intorno a sé, vede il cielo stellato che lo sovrasta” e che oggi grazie all’astrofisica vediamo “in tutta la sua immensità”, e si chiede “quale disegno d’amore dev’esserci dietro un’opera così poderosa!” L’uomo nella vastità dell’universo appare come una creatura fragilissima, ma anche l’unica “consapevole di tanta profusione di bellezza”. La preghiera “è strettamente legata con il sentimento dello stupore. La grandezza dell’uomo è infinitesimale se rapportata alle dimensioni dell’universo. Le sue più grandi conquiste sembrano ben poca cosa… Però l’uomo non è nulla. Nella preghiera si afferma prepotente un sentimento di misericordia.” Nulla “esiste per caso”, e la relazione con Dio “è la grandezza dell’uomo”. Se siamo piccoli per natura “per vocazione, per chiamata, siamo i figli del grande Re!”. Ce lo testimonia l’esperienza: “se la vicenda della vita, con tutte le sue amarezze, rischia talvolta di soffocare in noi il dono della preghiera, basta la contemplazione di un cielo stellato, di un tramonto, di un fiore…, per riaccendere la scintilla del ringraziamento.” È quello che forse succede al popolo d’Israele, all’epoca dell’esilio a Babilonia “quando viene redatto il grande racconto biblico della Creazione”; eppure “proprio partendo dal grande racconto della Creazione, qualcuno comincia a ritrovare motivi di ringraziamento, a lodare Dio per l’esistenza”. Cosi “la preghiera è la prima forza della speranza. (…) La speranza c’è, ma con la mia preghiera apro la porta”. Gli uomini di preghiera “sono quelli che ripetono, anzitutto a sé stessi e poi a tutti gli altri, che questa vita, nonostante tutte le sue fatiche e le sue prove, nonostante i suoi giorni difficili, è colma di una grazia per cui meravigliarsi. E in quanto tale va sempre difesa e protetta”. Chi prega sa “che la speranza è più forte dello scoraggiamento. (…) Che l’amore è più potente della morte, e che di certo un giorno trionferà, anche se in tempi e modi che non conosciamo.” Gli oranti “portano riflessi sul volto bagliori di luce: perché, anche nei giorni più bui, il sole non smette di illuminarli”. E’ la preghiera ad illuminare l’anima, il cuore e il viso, “anche nei tempi più bui”, anche nei più dolorosi. Per questo “tutti siamo portatori di gioia. (…) Tutti siamo capaci di portare gioia. Questa vita è il dono che Dio ci ha fatto: ed è troppo breve per consumarla nella tristezza, nell’amarezza. Lodiamo Dio, contenti semplicemente di esistere.”
Guardando le bellezze dell’universo, guardando le nostre croci, diciamo: “Ma, tu esisti, tu ci hai fatto così, per te”; così sentiamo “quella inquietudine del cuore che mi porta a ringraziare e a lodare Dio, (…) capaci di leggere la sua firma in tutto il creato” che “oggi noi non custodiamo: ma in quel creato c’è la firma di Dio che lo ha fatto per amore”.
Domenica 24 maggio, al Regina Coeli, ricordando il quinto anniversario della pubblicazione dell’enciclica Laudato si, ha richiamato l’attenzione sul “grido” della Terra e dei poveri, plaudendo alla bella iniziativa del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale (la “Settimana Laudato si’), ha annunciato “un Anno speciale per riflettere sull’enciclica, dal 24 maggio di quest’anno fino al 24 maggio del prossimo anno.” Ha rivolto così l’invito a “tutte le persone di buona volontà ad aderire, per prendere cura della nostra casa comune e dei nostri fratelli e sorelle più fragili.” Ha poi invitato ad unirsi con una preghiera da Lui composta chiedendo a Dio di aprire “le nostre menti” e toccare “i nostri cuori, affinché possiamo essere parte del creato.” Il Signore sia “presente ai bisognosi in questi tempi difficili,” ci aiuti a “mostrare solidarietà creativa”, ci renda “coraggiosi nell’abbracciare i cambiamenti rivolti alla ricerca del bene comune”. Così “possano le sofferenze attuali essere i dolori del parto di un mondo più fraterno e sostenibile.” Francesco ha promesso di fare visita a ad Acerra per incontrare le popolazioni della Terra dei fuochi, che, già prevista per questa domenica, è stata rimandata a causa della pandemia.
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