LA PAROLA DI PAPA FRANCESCO a cura di Gian Paolo Cassano

Il lunedì dell’Angelo 13 aprile, al Regina Coeli, il Papa ha ricordato come la Risurrezione sia un messaggio di speranza che raggiunge tutta la terra. “L’annuncio gioioso della risurrezione di Cristo” risuona nell’incontro del Risorto con le donne a cui affida “un mandato missionario nei confronti degli Apostoli. Esse infatti hanno dato un ammirevole esempio di fedeltà, di dedizione e di amore a Cristo nel tempo della sua vita pubblica come durante la sua passione; ora sono premiate da Lui con un particolare gesto di attenzione e di predilezione”. Gli apostoli dovranno “fare un salto di qualità” che solo lo Spirito Santo poteva provocare, diventando testimoni del Risorto e mettendo la faccia per Lui, dando la vita stessa. Così “l’annuncio che Cristo è risorto si diffonde dappertutto e raggiunge ogni angolo della terra, diventando il messaggio di speranza per tutti. La risurrezione di Gesù ci dice che l’ultima parola non spetta alla morte, ma alla vita”. In questo modo Dio ha, infatti, manifestato tutto il suo amore e la sua misericordia “per l’umanità di tutti i tempi”, perché “se Cristo è risuscitato, è possibile guardare con fiducia ogni evento della nostra esistenza, anche quelli più difficili e carichi di angoscia e di incertezza. Ecco il messaggio pasquale che siamo chiamati a proclamare, con le parole e soprattutto con la testimonianza della vita. Nelle nostre case e nei nostri cuori possa risuonare questa notizia: ‘Cristo, mia speranza, è risorto!’ Questa certezza rafforzi la fede di ogni battezzato e incoraggi soprattutto quanti stanno affrontando maggiori sofferenze e difficoltà.”
Mercoledì 15 aprile, all’Udienza generale dalla Biblioteca del Palazzo apostolico, Francesco ha commentato la settima Beatitudine evangelica (“Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”). E’ la Beatitudine più attiva, non fraintendo ne banalizzando il significato della parola “pace”. Esistono infatti due idee di pace. La prima nella Bibbia viene indicata con la parola shalòm, ed “esprime abbondanza, floridezza, benessere”; in ebraico è l’augurio di “una vita bella, piena, prospera, ma anche secondo la verità e la giustizia, che avranno compimento nel Messia, principe della pace.” La seconda è quella di “una sorta di tranquillità interiore”, intesa come “quiete, armonia, equilibrio interno”. Ora “questa seconda accezione è incompleta e non può essere assolutizzata, perché nella vita l’inquietudine può essere un importante momento di crescita (tante volte è il Signore stesso che semina in noi l’inquietudine per andare incontro a Lui, per trovarlo; in questo senso è un importante momento di crescita), mentre può capitare che la tranquillità interiore corrisponda ad una coscienza addomesticata e non ad una vera redenzione spirituale. Tante volte il Signore deve essere ‘segno di contraddizione’, scuotendo le nostre false sicurezze, per portarci alla salvezza.” La pace che Gesù porta è diversa da quella del mondo; pensando ai tanti conflitti che insanguinano il mondo si vede come la storia sia piena di trattati di pace smentiti “da guerre successive, o dalla metamorfosi di quelle stesse guerre in altri modi o in altri luoghi”. Ora “questa non è la pace di Cristo!” Questa Beatitudine invece sottintende “iniziativa e laboriosità”, perché “l’amore per sua natura è creativo e cerca la riconciliazione a qualunque costo. Sono chiamati figli di Dio coloro che hanno appreso l’arte della pace e la esercitano, sanno che non c’è riconciliazione senza dono della propria vita, e che la pace va cercata sempre e comunque. Sempre e comunque: non dimenticare questo! Va cercata così.” Fare questo è agire come figli di Dio, mediante la sua grazia ed il vero equilibrio interiore viene dalla pace portata da Cristo capace di generare “un’umanità nuova, incarnata in una infinita schiera di Santi e Sante, inventivi, creativi, che hanno escogitato vie sempre nuove per amare”.
Domenica 19 aprile, dedicata alla Divina Misericordia, il Papa ha celebrato l’Eucaristia nella chiesa di Santo Spirito in Sassia che s. Giovanni Paolo II dedicò a questo culto. In questo clima di pandemia Francesco ha messo in guardia dal rischio che ci colpisca un virus ancora peggiore: “quello dell’egoismo indifferente”. Un virus che “si trasmette a partire dall’idea che la vita migliora se va meglio a me, che tutto andrà bene se andrà bene per me. Si parte da qui e si arriva a selezionare le persone, a scartare i poveri, a immolare chi sta indietro sull’altare del progresso. Questa pandemia ci ricorda però che non ci sono differenze e confini tra chi soffre. Siamo tutti fragili, tutti uguali, tutti preziosi. Quel che sta accadendo ci scuota dentro: è tempo di rimuovere le disuguaglianze, di risanare l’ingiustizia che mina alla radice la salute dell’intera umanità!” La misericordia di Dio è “la mano che ci rialza sempre”, perché Dio non si stanca “di tenderci la mano per rialzarci dalle nostre cadute”, ma vuole che “guardiamo a Lui, che nelle cadute vede dei figli da rialzare, nelle miserie vede dei figli da amare con misericordia”.
Ci ritrovati fragili nella prova che stiamo vivendo, ma con Lui “ci riscopriamo preziosi nelle nostre fragilità”. Il Signore vuole che lo vediamo “non come un padrone con cui dobbiamo regolare i conti, ma come il nostro Papà che ci rialza sempre”. Un Papà misericordioso che “non abbandona chi rimane indietro”. Oggi sembra che “una piccola parte dell’umanità” sia andata avanti, mentre la maggioranza è rimasta indietro. “E ognuno potrebbe dire: ‘sono problemi complessi, non sta a me prendermi cura dei bisognosi, altri devono pensarci!’. Santa Faustina, dopo aver incontrato Gesù, scrisse: In un’anima sofferente dobbiamo vedere Gesù Crocifisso e non un parassita e un peso… [Signore], ci dai la possibilità di esercitarci nelle opere di misericordia e noi ci esercitiamo nei giudizi”. Di qui l’invito a non pensare “solo ai nostri interessi, agli interessi di parte,” a cogliere “questa prova come un’opportunità per preparare il domani di tutti, senza scartare nessuno. Perché senza una visione d’insieme non ci sarà futuro per nessuno. Oggi l’amore disarmato e disarmante di Gesù risuscita il cuore del discepolo. Anche noi, come l’apostolo Tommaso, accogliamo la misericordia, salvezza del mondo. E usiamo misericordia a chi è più debole: solo così ricostruiremo un mondo nuovo.”
Al Regina Coeli ha poi sottolineato che “la risposta dei cristiani nelle tempeste della vita e della storia non può che essere la misericordia”. Non è pietismo o assistenzialismo, “ma com-passione, che viene dal cuore. E la misericordia divina viene dal Cuore di Cristo Risorto” ed ispira “anche la giusta condivisione tra le nazioni e le loro istituzioni, per affrontare la crisi attuale in maniera solidale”. Il Papa poi ha rivolto “l’augurio ai fratelli e alle sorelle delle Chiese d’oriente che (…) celebrano la Festa di Pasqua”.

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