All’Udienza generale, dalla Biblioteca Apostolica, mercoledì 8 aprile, il Papa ha invitato a vivere i riti della Passione e morte di Gesù come “una grande liturgia domestica”, guardando la croce di Cristo e meditando sulle parole dei Vangeli. Egli ha lasciato risuonare le grandi domande: “che cosa fa Dio davanti al nostro dolore? Dov’è quando va tutto storto? Perché non ci risolve in fretta i problemi?”. Il racconto della Passione di Gesù ci aiuta a trovare le risposte. “Quando Gesù muore, il centurione romano, che non era credente, non era ebreo, era un pagano, che lo aveva visto soffrire in croce, che lo aveva sentito perdonare tutti, che aveva toccato con mano il suo amore senza misura, dice: Davvero quest’uomo era Figlio di Dio”. Qual è il vero volto di Dio? In Lui noi proiettiamo quello che noi siamo “alla massima potenza”, ma Dio per farsi conoscere “ci è venuto incontro e proprio a Pasqua si è rivelato completamente” sulla croce. “Lì impariamo i tratti del volto di Dio. (…) La croce è la cattedra di Dio. Ci farà bene stare a guardare il Crocifisso in silenzio e vedere chi è il nostro Signore: è Colui che non punta il dito contro qualcuno, ma spalanca le braccia a tutti, anche a colui che lo sta crocifiggendo; che non ci schiaccia con la sua gloria, ma si lascia spogliare per noi; che non ci ama a parole, ma ci dà la vita in silenzio.” Allora, “per liberarci dai pregiudizi su Dio (…) guardiamo il Crocifisso” ed “apriamo il Vangelo”, approfittando di questi giorni di “quarantena e a casa.” (…) Questa sarà per noi – diciamo così – come una grande liturgia domestica, perché non possiamo andare in chiesa, in questi giorni. Crocifisso e Vangelo.” Infatti “Gesù non vuole essere frainteso, non vuole che la gente confonda il Dio vero, che è amore umile, con un dio falso, un dio mondano che dà spettacolo e s’impone con la forza.” E nelle parole del centurione si rivela la vera identità di Gesù, “si vede che Dio è onnipotente nell’amore, e non in altro modo”. La natura di Dio è l’Amore “che a Pasqua ha guarito il nostro peccato col suo perdono, che ha fatto della morte un passaggio di vita, che ha cambiato la nostra paura in fiducia, la nostra angoscia in speranza. La Pasqua ci dice che Dio può volgere tutto in bene. Che con Lui possiamo davvero confidare che tutto andrà bene. E questa non è un’illusione perché la morte e resurrezione di Gesù non è un’illusione: è stata una verità. Ecco perché il mattino di Pasqua ci viene detto: “Non abbiate paura!”. Come Gesù ha cambiato la storia “facendosi vicino a noi”, e con la sua morte ha vinto la morte, così anche noi “possiamo cambiare le nostre storie avvicinandoci a Lui”, lasciandosi guardare dal Crocifisso: così “capiremo che non siamo soli, ma amati, perché il Signore non ci abbandona e non si dimentica di noi, mai”.
Nel giorno di Pasqua 12 aprile il Papa, dopo aver presieduto la S.Messa nella Basilica di san Pietro (senza concorso di popolo a causa dell’epidemia), ha impartito la benedizione Urbi et Orbi. Nel suo messaggio è tornato a chiedere un cessate il fuoco globale e immediato e lo stop alla fabbricazione di armi. Quindi ha invocato la resurrezione di Cristo sulla crisi sanitaria e le tante emergenze dimenticate. Non un semplice augurio, non una formula magica che fa svanire i problemi ma la certezza dell’amore che vince sulla morte, del bene che trionfa sul male e che è “marchio esclusivo del potere di Dio”. E’ il potere di liberazione, insieme al “contagio della speranza”, che egli ha invocato sull’umanità ferita e afflitta da un virus colpevole di aver fatto già troppe vittime e messo in ginocchio l’economia di intere nazioni. Il suo pensiero è andato ai malati, ai defunti e alle loro famiglie. Per i più vulnerabili, come gli anziani, per chi vive nelle case di cura, nelle caserme, nelle carceri: “per molti è una Pasqua di solitudine, vissuta tra i lutti e i tanti disagi che la pandemia sta provocando, dalle sofferenze fisiche ai problemi economici. Questo morbo non ci ha privato solo degli affetti, ma anche della possibilità di attingere di persona alla consolazione che sgorga dai Sacramenti, specialmente dell’Eucaristia e della Riconciliazione. In molti Paesi non è stato possibile accostarsi ad essi, ma il Signore non ci ha lasciati soli! Rimanendo uniti nella preghiera, siamo certi che Egli ha posto su di noi la sua mano, ripetendoci con forza: non temere!” Il pensiero del Papa va poi a quanti in questi giorni testimoniano cura ed amore fino al sacrificio della vita: medici e gli infermieri, forze dell’ordine, quanti lavorano per garantire i servizi essenziali necessari, chi sta subendo la perdita del lavoro e su chi ha responsabilità politiche, bandendo l’indifferenza verso i più deboli e quanti abitano le periferie del mondo. “In considerazione delle circostanze, si allentino pure le sanzioni internazionali che inibiscono la possibilità dei Paesi che ne sono destinatari di fornire adeguato sostegno ai propri cittadini e si mettano in condizione tutti gli Stati, specialmente quelli più poveri, di fare fronte alle maggiori necessità del momento, riducendo, se non addirittura condonando, il debito che grava sui loro bilanci.” Non indifferenza dunque ma unità, non egoismo ma solidarietà perché la sfida che stiamo affrontando colpisce tutti senza fare differenze di persone. “Oggi l’Unione Europea ha di fronte a sé una sfida epocale, dalla quale dipenderà non solo il suo futuro, ma quello del mondo intero. Non si perda l’occasione di dare ulteriore prova di solidarietà, anche ricorrendo a soluzioni innovative. L’alternativa è solo l’egoismo degli interessi particolari e la tentazione di un ritorno al passato, con il rischio di mettere a dura prova la convivenza pacifica e lo sviluppo delle prossime generazioni.” Il Pontefice ha chiesto ancora “un cessate il fuoco globale e immediato in tutti gli angoli del mondo”: “Cristo nostra pace illumini quanti hanno responsabilità nei conflitti, perché abbiano il coraggio di aderire all’appello per un cessate il fuoco globale e immediato in tutti gli angoli del mondo. Non è questo il tempo in cui continuare a fabbricare e trafficare armi, spendendo ingenti capitali che dovrebbe essere usati per curare le persone e salvare vite.” Così anche la dimenticanza, perché il rischio in una situazione come quella che stiamo vivendo è di abbandonare all’oblio tante altre emergenze, guerre, carestie, siccità che invece portano con sé i patimenti di numerose persone rifugiate, sfollate, affamate. “Il Signore della vita… doni protezione ai tanti migranti e rifugiati, molti dei quali sono bambini, che vivono in condizioni insopportabili, specialmente in Libia e al confine tra Grecia e Turchia, non voglio dimenticare l’isola di Lesbo. Permetta in Venezuela di giungere a soluzioni concrete e immediate, volte a consentire l’aiuto internazionale alla popolazione che soffre a causa della grave congiuntura politica, socio-economica e sanitaria”.
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