L’emergenza covid 19 deve imporre al mondo una solidarietà tra i popoli e unità d’intenti; così deve finire subito il tempo delle guerre. E’ l’appello che il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha lanciato per un “cessate il fuoco generalizzato e immediato, in tutto il mondo” lo scorso 21 marzo. Ciò al fine di proteggere l’umanità di fronte alla “furia del Covid-19” e in particolari i civili: i più vulnerabili in caso di conflitti armati. “La violenza con la quale il coronavirus si abbatte su di noi – ha aggiunto Guterres – mostra quanto sia folle farsi la guerra in questo momento. Deponete le armi, è l’ora di lasciare i conflitti dietro di noi e di concentrarci sulla vera battaglia comune. Fate tacere i cannoni e bloccate i bombardamenti aerei”. Un invito anche a sospendere le sanzioni economiche imposte ad alcune nazioni del mondo (Iran, Corea del Nord, Cuba, Venezuela e Zimbabwe….), perché l’impatto di tali misure – già molto pesante – potrebbe diventare devastante a causa del coronavirus. Un appello che nessuno, a partire dagli altri funzionari dell’Onu, pensava venisse accolto. E invece nelle Filippine, in Siria, in Camerun, nello Yemen e in molti altri paesi è stato trovato un accordo tra le fazioni in campo nei conflitti. A riferirlo sono i rappresentati delle Nazioni Unite nei paesi in guerra. Ad esempio Martin Griffiths, emissario nello Yemen, un paese dove si combatte quasi ininterrottamente da cinque anni, i ribelli houthi e il governo yemenita hanno annunciato una tregua. Lo stesso è accaduto in Camerun e nelle Filippine. In Siria, le forze democratiche si sono dette disponibili a fermare ogni azioni militare, così come richiesto da Guterres, ma è ancora attesa la risposta dello stato islamico e degli altri protagonisti del conflitto.
All’appello di Guterres si è unito domenica all’Angelus il Papa, associandosi “a quanti hanno accolto questo appello” ed invitando “tutti a darvi seguito fermando ogni forma di ostilità bellica, favorendo la creazione di corridoi per l’aiuto umanitario, l’apertura alla diplomazia, l’attenzione a chi si trova in situazione di più grande vulnerabilità.” Il Papa ha auspicato che l’impegno “congiunto” contro la pandemia possa portare tutti a riconoscere “il nostro bisogno di rafforzare i legami fraterni come membri di un’unica famiglia” e che “susciti nei responsabili delle Nazioni e nelle altre parti in causa un rinnovato impegno al superamento delle rivalità. I conflitti non si risolvono attraverso la guerra! È necessario superare gli antagonismi e i contrasti, mediante il dialogo e una costruttiva ricerca della pace.”
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