All’udienza generale, mercoledì 25 marzo, ancora in streaming dalla Biblioteca Apostolica, Francesco ha ribadito, a 25 anni di distanza, l’appello di San Giovanni Paolo II nella sua Evangelium vitae: “Rispetta, difendi, ama e servi la vita”. Ogni vita umana va promossa con coraggio perché ogni vita ha un valore inestimabile. Il riferimento evangelico è quello dell’annuncio dell’angelo a Maria e evidenziando il legame tra l’Annunciazione e il “Vangelo della vita” che “sta al cuore del messaggio di Gesù”. Per questo oggi “ci troviamo a rilanciare questo insegnamento nel contesto di una pandemia che minaccia la vita umana e l’economia mondiale”. Ora, “come ogni annuncio evangelico, anche questo va prima di tutto testimoniato. E penso con gratitudine alla testimonianza silenziosa di tante persone che, in diversi modi, si stanno prodigando al servizio dei malati, degli anziani, di chi è solo e più indigente” che “mettono in pratica il Vangelo della vita, come Maria” che va ad aiutare la cugina Elisabetta. La vita che dobbiamo difendere “non è un concetto astratto”, ma è sempre una persona in carne ed ossa: “un bambino appena concepito, un povero emarginato, un malato solo e scoraggiato o in stato terminale, uno che ha perso il lavoro o non riesce a trovarlo, un migrante rifiutato o ghettizzato… La vita si manifesta in concreto nelle persone.” Ora la “Chiesa sente profondamente ogni minaccia alla dignità e alla vita” e la sua difesa “non è un’ideologia, è una realtà, una realtà umana” che coinvolge tutti i cristiani, innanzitutto perché esseri umani. Infatti “gli attentati alla dignità e alla vita delle persone continuano purtroppo anche in questa nostra epoca, che è l’epoca dei diritti umani universali; anzi, ci troviamo di fronte a nuove minacce e a nuove schiavitù, e non sempre le legislazioni sono a tutela della vita umana più debole e vulnerabile.” Occorre un impegno a favore della vita costante, agendo “sul piano culturale ed educativo per trasmettere alle generazioni future l’attitudine alla solidarietà, alla cura, all’accoglienza, (…) adoperandosi per la costruzione di relazioni fraterne”, riconoscendo “il valore proprio di ogni persona, anche quando è fragile e sofferente.” Ogni vita umana, costituisce un valore inestimabile, “vale per sé stessa” e questo va annunciato sempre con il coraggio della parola e con il coraggio delle azioni.
All’Angelus di domenica 29 marzo, il Papa, dalla Biblioteca del Palazzo Apostolico, ancora una volta in streaming a causa dell’emergenza Coronavirus, ha riletto il Vangelo di Giovanni centrato sulla sofferenza di Gesù per la morte dell’amico Lazzaro, invitandoci a togliere dai nostri cuori ogni pietra che sa di morte, per far rifiorire la vita che viene da Cristo: “senza di Lui non solo non è presente la vita ma si ricade nella morte”. È un Gesù profondamente commosso, che scoppia in pianto, un’immagine così vicina all’attualità ferita di oggi. E Gesù, “con questo turbamento nel cuore, va alla tomba, ringrazia il Padre che sempre lo ascolta, fa aprire il sepolcro e grida forte: «Lazzaro, vieni fuori!» (Gv. 11,43). “Qui tocchiamo con mano che Dio è vita e dona vita, ma si fa carico del dramma della morte. Gesù avrebbe potuto evitare la morte dell’amico Lazzaro, ma ha voluto fare suo il nostro dolore per la morte delle persone care, e soprattutto ha voluto mostrare il dominio di Dio sulla morte.”
Qui si concretizza l’incontro tra la fede dell’uomo e l’onnipotenza dell’amore di Dio. Come “una doppia strada”, da una parte, Maria e Marta e “tutti noi” (rappresentati in quell’espressione: “Se tu fossi stato qui!) e dall’altra la risposta di Gesù al problema della morte (“Io sono la Risurrezione e la vita…Abbiate fede!”). “In mezzo al pianto continuate ad avere fede, anche se la morte sembra aver vinto. Togliete la pietra del vostro cuore! Lasciate che la Parola di Dio riporti la vita dove c’è morte.” Infatti “Dio non ci ha creati per la tomba, ci ha creati per la vita, bella, buona, gioiosa”. Di qui oggi l’invito che Gesù ripete a ciascuno è a “togliere la pietra”, a liberarci da ogni traccia di morte entrata nel mondo “per invidia del diavolo”. Bisogna “togliere le pietre di tutto ciò che sa di morte” dal cuore: l’ipocrisia con cui si vive la fede, la critica distruttiva verso gli altri, l’offesa, la calunnia, l’emarginazione del povero. Allora la vita “fiorirà ancora intorno a noi. Cristo vive, e chi lo accoglie e aderisce a Lui entra in contatto con la vita. Senza Cristo, o al di fuori di Cristo, non solo non è presente la vita, ma si ricade nella morte.”
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