Mercoledì 15 gennaio, all’Udienza generale il Papa ha concluso il ciclo di catechesi sugli Atti degli Apostoli, con l’ultima tappa del viaggio di san Paolo a Roma, con l’immagine della Chiesa come “casa aperta” a tutti i cuori in ricerca. Il viaggio di Paolo prigioniero a Roma “è stato un tutt’uno con quello del Vangelo, (…) la prova che le rotte degli uomini, se vissute nella fede, possono diventare spazio di transito della salvezza di Dio, attraverso la Parola della fede che è un fermento attivo nella storia, capace di trasformare le situazioni e di aprire vie sempre nuove.” Una “Parola inarrestabile che vuole correre per comunicare salvezza a tutti”. A Roma “gli viene concesso di abitare per conto proprio sotto custodia militaris, cioè (…) agli arresti domiciliari” dove accoglie quelli che venivano da lui e volevano conoscere Cristo. “Paolo non ha la libertà di muoversi ma è libero di parlare perché la Parola non è incatenata”, perché è “una Parola pronta a lasciarsi seminare a piene mani dall’Apostolo”. E’ bello pensare a quella “casa aperta a tutti i cuori in ricerca” come “immagine della Chiesa che, pur perseguitata, fraintesa e incatenata, mai si stanca di accogliere con cuore materno ogni uomo e ogni donna per annunciare loro l’amore del Padre che si è reso visibile in Gesù.” Con l’arrivo a Roma termina il racconto degli Atti; così “la fine del racconto di Luca, imperniato sul viaggio del Vangelo nel mondo”, ricapitola “il dinamismo della Parola di Dio”. Di qui l’invito a lasciarsi guidare dallo Spirito perché “ravvivi in ciascuno di noi la chiamata ad essere evangelizzatori coraggiosi e gioiosi. Renda capaci anche noi, come Paolo, di impregnare le nostre case di Vangelo e di renderle cenacoli di fraternità, dove accogliere il Cristo vivo”.
All’Angelus, domenica 19 gennaio, il Pontefice ha invitato, sull’esempio del Battista, a lasciarsi prendere dallo stupore di fronte alla “novità inaudita” di Dio che si fa solidale con noi caricandosi i nostri peccati. Il Battista “è stato il primo testimone di Cristo” , perché “ha visto qualcosa di sconvolgente, cioè il Figlio amato di Dio solidale con i peccatori; e lo Spirito Santo gli ha fatto comprendere la novità inaudita, un vero ribaltamento. Infatti, mentre in tutte le religioni è l’uomo che offre e sacrifica qualcosa a Dio, nell’evento Gesù è Dio che offre il proprio Figlio per la salvezza dell’umanità.” Giovanni riconosce in Gesù “l’agnello di Dio” che toglie i peccati del mondo e così ci invita a mettere al centro della nostra vita di fede la misericordia di Dio, incarnata da Gesù Cristo, a “lasciarci nuovamente sorprendere dalla scelta di Dio di stare dalla nostra parte”. Occorre desiderare, imparando dal Battista, di conoscere di più Gesù, attraverso il Vangelo e magari fermandosi a contemplare un’immagine del suo volto. “Contempliamo con gli occhi e più ancora col cuore; e lasciamoci istruire dallo Spirito Santo, che dentro ci dice: È Lui! È il Figlio di Dio fattosi agnello, immolato per amore. Lui, Lui solo ha portato, Lui solo ha sofferto, ha espiato il peccato, il peccato di ognuno di noi, il peccato del mondo, e anche i miei peccati. Tutti. Li ha portati tutti su di sé e li ha tolti da noi, perché noi fossimo finalmente liberi, non più schiavi del male.”
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