E’ il primo martire dell’Ecuador: è padre Emilio Moscoso, che sabato 16 novembre è stato proclamato beato a Riobamba, alla presenza card. Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Va ad aggiungersi ai tre Santi e alla Beata ecuadoregni. Anche il Papa domenica 17 novembre all’Angelus ha ricordato il sacerdote martire gesuita, come un “apostolo della preghiera” che può “sostenere il nostro cammino di fede e testimonianza cristiana”.
La sua testimonianza ci riporta nell’Ecuador della fine del XIX secolo, nel 1895, quando l’ordine costituzionale ed inizia a una rivoluzione che ha tra i suoi obiettivi dichiarati il “porre fine alla teocrazia”, individuando il nemico tra i cristiani e particolarmente tra i sacerdoti. Tutto aviene rapidamente, con l’arresto di vescovi con chiese poste sotto controllo, religiosi imprigionati e laici aggrediti per la sola ragione di essere cristiani praticanti. In modo particolare la rivoluzione si accanisce contro i gesuiti, perché con le numerose scuole che gestiscono sono considerati protagonisti della resistenza conservatrice, con particolare crudeltà. Così il 2 maggio 1897 nel Collegio dei gesuiti di San Filippo Neri a Riobamba, (in una comunità composta da dieci sacerdoti, cinque fratelli e due studenti) fanno irruzione i miliziani fanno irruzione arrestano tutti i gesuiti presenti e chiudendoli nella stalla. Padre Moscoso è fuori: potrebbe fuggire, ma torna a casa, per non abbandonare i fratelli. Così due giorni dopo all’ordine dei rivoluzionari di uccidere tutti, anche Padre Moscoso viene sorpreso nella sua stanza, mentre pregava e fucilato. Alla furia cieca, all’odio degli aggressori la sua morte non basta: provano a inscenare una colluttazione, tentano di marchiarlo con l’ultima infamia della complicità mettendogli in mano il fucile, poi fanno scempio del corpo e lo espongono pubblicamente. In contemporanea la chiesa viene profanata, tutto viene distrutto o dato alle fiamme. Ma è proprio da questa distruzione e da questo sangue che l’insegnamento di padre Moscoso, come di tutti i martiri, trae forza. “Il nuovo Beato offre alla società un significativo messaggio di fede – ha detto il card. Becciu – coerente fino alla fine con l’amore di Cristo che per primo ci ha amato fino a dare la vita per noi e ci chiede di seguirlo sulla stessa via”, quella della santità condivisa.
La sua fu una fede maturata in una famiglia molto religiosa e molto numerosa: i figli sono ben 9 e oltre a lui quattro sorelle seguiranno la chiamata del Signore e si consacreranno suore.
Emilio era molto devoto alla Madonna che pregava con il Rosario e sempre fedele all’adorazione quotidiana del S.S. Sacramento. Inizialmente studiò legge all’università, poi entrò nella Compagnia di Gesù a Cuenca, facendo la prima professione di fede a vent’anni; continuò lo studio in Francia diventando sacerdote a 30. Fu inviato in Perù, in Spagna, infine, nel suo Paese natale: dal 1889 è nel collegio di San Filippo a Riobamba, dapprima come insegnante e poi come rettore.
Estremamente timido, addirittura schivo, allergico agli incarichi di potere che cerca costantemente, ma invano, di fuggire, padre Emilio è un esempio per i giovani di cui si occupa e ai quali insegna ad amare Gesù Eucaristia. Quando sarà il momento, però, questa figura di sacerdote colto e defilato, sempre calmo e sereno, saprà mostrare una forza inusuale e una gioia traboccante con le quali sosterrà spiritualmente e moralmente i confratelli nell’ora più difficile.
Padre Moscoso ha sempre presente l’insegnamento di Gesù e lo fa talmente suo “nell’intensa preghiera – ha detta nell’omelia della beatificazione il card. Becciu – nell’instancabile dedizione al ministero sacerdotale e nel servizio al prossimo da non escludere la possibilità di dover offrire la propria vita imitando radicalmente Cristo e accogliendo il martirio”.
Gian Paolo Cassano
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