Peggiorano le condizioni dei cristiani in Africa e in Asia meridionale. E’ quanto emerge dal rapporto annuale che Aiuto alla Chiesa che Soffre (la Fondazione di diritto pontificio che sostiene la libertà religiosa nel mondo) ha presentato a Roma lo scorso 24 ottobre, in cui si rimarcano le sistematiche violenze che si registrano contro i cristiani. “Viviamo in uno stato di perenne tensione – ha detto il card. Joseph Coutts, arcivescovo di Karachi, in Pakistan – perché nella nostra mente sappiamo che da qualche parte in qualche momento vi sarà un altro attacco. Anche se nessuno sa dove e quando”. Tutto ciò fa capire cosa significhi essere uno dei 300 milioni di cristiani che vivono in terre di persecuzione. Prendere parte ad una messa, animare gli eventi e le attività pastorali di una comunità cristiana, esporre simboli religiosi o più semplicemente professare la propria fede diventano atti che possono mettere a repentaglio la propria libertà e perfino la propria vita in oltre 20 Paesi del mondo che ospitano 4 miliardi di persone. “La persecuzione religiosa può assumere molte forme – aggiunge il card.Coutts – può tradursi nei brutali attacchi compiuti dal sedicente Stato islamico (Isis) in Iraq e in Siria contro cristiani e yazidi, oppure può assumere forme più subdole quali discriminazioni, minacce, estorsioni, rapimenti e conversioni forzate, negazione dei diritti o limitazione delle libertà”. Nel rapporto si prende in esame la persecuzione anticristiana tra il 2017 e il 2019 e la lista dei Paesi in cui i cristiani soffrono si arricchisce di nazioni quali Camerun, Burkina Faso e Sri Lanka. Gli ultimi due stati sono gli esempi più drammatici di questo mutato scenario della persecuzione anticristiana che trova nuove forme e nuove territori anche in virtù dell’inadeguatezza delle strategie finora messe in campo.
In Burkina Faso, solo nei primi sei mesi del 2019 sono stati uccisi 20 cristiani, tra cui 6 sacerdoti e un pastore. Non esiste, però, solo il terrorismo di matrice islamica, come in India dove in questi ultimi due anni si sono registrati oltre 1000 attacchi e oltre 100 chiese distrutte da parte degli estremisti indù. C’è poi la persecuzione politica e governativa. Anche le migliorate relazioni diplomatiche tra i capi delle nazioni occidentali e i loro omologhi di governi, come quelli della Corea del Nord o della Cina, non devono far pensare a miglioramenti delle condizioni dei cristiani in tali aree. Secondo diverse stime – ha detto a Vatican news il direttore di ACS Alessandro Monteduro – tra i 50.000 e i 70.000 detenuti nei campi di detenzione della Corea del Nord sono cristiani perseguitati per la loro fede che subiscono ogni forma di maltrattamento, compresi omicidi extra giudiziali.
Comments are closed, but trackbacks and pingbacks are open.